Roma, 8 apr – Con tutte le varianti del caso, l’economia in Europa è sempre stato “un affare misto”. Ancora più misto dopo le influenze culturali oggettivamente sopra le righe della Germania di Otto Von Bismack e ancor di più dell’Italia fascista. La tendenza liberista, nella versione neoliberale odierna, è un affare di questi ultimi trent’anni. Sostanzialmente, dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 in avanti, quando il modello americano, a quel punto, è diventato per molti – e in un certo periodo per tutti – l’unico immaginabile. Ma c’è stato un fenomeno che ha anticipato l’effetto culturale scatenato dalla fine della guerra fredda: quel fenomeno si chiama Margaret Thatcher. Ovvero il primo ministro inglese che, negli anni Ottanta, manda un messaggio neanche troppo velato all’economia sociale e statale. Un messaggio di guerra che purtroppo troverà molte fortune nei tempi successivi.
Margaret Thatcher, il premier del liberismo sfrenato
Scomparve proprio l’8 aprile del 2013 Margaret Thatcher, primo ministro donna della storia britannica, che ricoprì l’incarico dal 4 maggio 1979 al 28 novembre 1990. Undici anni. Per un regime democratico, ancora peggio se si considera la forma parlamentare inglese, davvero tanti. Undici anni vogliono dire consenso, nonostante tutto. Ma vogliono dire soprattutto ampliare di molto le possibilità di un lascito culturale importante. A prescindere dai giudizi di valore, chiaramente.
Perché del lascito della signora Thatcher non c’è da essere granché contenti. La “Lady di ferro”, come veniva soprannominata, è stata sostanzialmente uno choc. Un segnale premonitore. Anticipatore, se vogliamo, di molte delle “splendide” politiche economiche che caratterizzano l’altrettanto “splendida” Unione europea. Su tutte, chiaramente, troneggia la cultura liberista, delle privatizzazioni, dello smantellamento dello Stato. La “religione liberista” che, anche su queste pagine, abbiamo sottolineato. Poi c’è il bruttissimo vizio di considerare le inflazioni da singoli beni strategici come inflazioni da domanda. E allora la cara Margaret, appena montata la sella del governo, decise di reagire all’inflazione che sconvolgeva la Gran Bretagna e il resto dell’Occidente a causa delle crisi petrolifere degli anni Settanta aumentando i tassi di interesse, con tutti gli svantaggi che ne seguono per gli investimenti, sebbene tornati in piedi dopo il 1982. Per non parlare della chiusura delle miniere nel Paese a cui non fecero seguito grosse alternative per una categoria in quegli anni disperata. In generale, per la filosofia del “poco Stato che fa bene le cose”, in cambio di una società che viaggia spedita verso la totale insicurezza, del lavoro come delle basilari assistenze. D’altronde, della “cara Margy” sono da anni noti i piani di dismissione tanto della scuola che della sanità pubbliche, non realizzati completamente, come è ovvio. Ma ben pianificati e certificati da documenti divenuti pubblici da più di dieci anni.
Uno spartiacque drammatico
La Thatcher, insomma, è stato uno spartiacque. La sua politica ha decisamente innovato le società europee. In senso, ovviamente, drammatico. Ma lo choc culturale è stato fortissimo. Un universo, quello europeo, che aveva sempre marginalizzato la pretesa anglossassone al libero mercato fino alla fine del secolo scorso, si ritrova a piegarsi completamente ad esso. L’influenza della Lady di ferro in questo processo è difficilmente contestabile. Per il mandato lungo, ma anche per gli incontri frequenti con il presidente americano Ronald Reagan. Per tutta una serie di elementi che hanno anche preparato la cosiddetta “Operazione Britannia”. Perché su quella nave, il Britannia, si decise quale sarebbe stata l’Europa del futuro. Un’Europa in cui le tutele sociali sarebbero state sempre più evanescenti: un lavoro ancora in corso, per i meno svegli che sottolineano “l’assenza del neoliberismo” in casa nostra. Per smantellare l’Italia sotto questo profilo non bastano certamente trent’anni. Ma il processo è pienamente in corso, senza che nessuno lo stia fermando. Se oggi seguiamo Milton Freidman e non John Mainard Keynes, una parte significativa delle casue risiede nella politica dell signora Thatcher. Con tutte le drammariche conseguenze del caso.
Stelio Fergola