Per chi voglia fare un salto nelle meraviglie del mondo di Patton, è appena uscito un voluminoso saggio di Giovanni Rossi, intitolato Epic. Genio e follia di Mike Patton (Tsunami, 22 €, pp. 543). Michael Allan Patton
Mike non sfrutta la celebrità (e i soldi) per ricreare lo stereotipo del divo maledetto: la sua unica droga resta il caffè, che beve in quantità industriali, e anziché lasciar circolare voci su orge varie, fa sapere al mondo di odiare le groupie. In un ambiente in cui qualsiasi complesso di sedicenni che suona in garage lancia proclami impegnati, Patton rifiuta il tono da profeta: «Odio portare una bandiera e dire che stiamo guidando la rivoluzione rock o qualsiasi altra cosa», dice. Musicalmente vuole essere avanguardia, ma anziché andarla a cercare in qualche soporifero sofisma sonoro post-punk si butta sul… futurismo. E così può uscirsene con un album da solista come Pranzo Oltranzista, basato sul testo La cucina futurista di Filippo Tommaso Marinetti e Fillia.
Dopo lo scioglimento dei Faith No More fonda i Fantomas. Il gruppo dovrebbe inizialmente chiamarsi Diabolik: Patton è un fan sfegatato del fumetto delle sorelle Giussani e del film che ne trasse Mario Bava, ma poi ha un sogno in cui l’avventura artistica dei Diabolik finisce malissimo, e allora cambia. È comunque l’ennesimo tributo a un personaggio politicamente scorretto della cultura popolare italiana. Ne arriverà anche un altro: sarà l’album Mondo Cane, in cui Patton, che pure ha prestato la sua voce anche ai Sepultura, si mette a rielaborare una serie di vecchi brani italiani, da Gino Paoli a Fred Bongusto. Del titolo, dice: «È fantastico, è un vecchio detto italiano che mi piace molto, un’imprecazione colorita e piena di significato. Ma è anche il titolo di un film, che a sua volta prende il nome da quel detto. Non ho intenzione di mentire, mi piacciono molto sia la connotazione che la provocazione legate al titolo del film». Il riferimento è ovviamente al famoso film di Gualtiero Jacopetti del 1962, messo al bando dalla cultura ufficiale dell’epoca perché “reazionario” e poco conformista. E ancora, la passione per Ennio Morricone, l’ammirazione per Demetrio Stratos, degli Area, o per una band provocatoria come i Disciplinatha. Una vera sintonia con una certa Italia, quella profonda, seminale, creativa. La stessa che, in altri ambiti, ha conquistato Tarantino. La stessa cui gli italiani spesso voltano le spalle, cercando di fare i fighi imitando gli americani. Senza peraltro riuscirci.
Adriano Scianca
1 commento
L’ho visto suonare dal vivo con i Faith No More due volte, ero un loro fan sfegatato, che ricordi!!! Grazie Adriano