Roma, 6 dic – Lemmy Kilmister, mitico cantante dei Motörhead nonché consumatore di omeriche quantità di alcol e droga – non di eroina, perché lui alla salute ci tiene – ha raccontato una volta che un dottore, visitandolo, gli avrebbe detto: «Immettere sangue pulito in questo corpo potrebbe ucciderla». Forse nelle facoltà di medicina esiste una specializzazione per diventare dottore delle rockstar e dare consigli come questi.
Se esiste una cosa del genere, sono sicuramente passati di lì gli specialisti che hanno analizzato il Dna di Ozzy Osbourne. Il che, comunque, ha anche un indubbio interesse scientifico, poiché permette di rispondere alla fondamentale domanda che il mondo si pone da anni: «Ma come diavolo fa Ozzy a essere ancora in vita?».
Ebbene, sembra che la risposta stia proprio nei geni di John Michael Osbourne. Nato a Birmingham il 3 dicembre 1948, detto “Ozzy” per via della balbuzie che lo affliggeva da bambino e che gli impediva di pronunciare correttamente il suo cognome, costringendolo a un umiliante “Os-os-os…”, il cantante è esattamente la rockstar così come le associazioni bigotte di genitori morigerati ritengono che sia una rockstar.
Del resto non è conducendo una vita sana e orientata secondo i rapporti dell’Oms che puoi guadagnarti soprannomi come “The Madman” (Il Pazzo), “The Godfather of Heavy Metal” (Il Padrino dell’Heavy Metal), “The Prince of Darkness” (Il Principe delle Tenebre). Gli altri membri dei Black Sabbath, con i quali ha incidentalmente cambiato la storia della musica, non erano da meno, del resto. Figurarsi che performance dal vivo. «Ricordo un concerto a Palermo, nel 1970. Noi eravamo ubriachi, il gruppo di supporto pure (erano olandesi), cantavamo “Volare” e intanto la gente entrava senza pagare il biglietto scavalcando un muro. Che tempi!», ricordò Ozzy durante una data italiana.
Ma per Ozzy droghe e alcol, pure consumati in quantità industriali, sono perfino poca cosa, tant’è che la sua biografia è puntellata di leggende metropolitane su macabre stramberie, la più famosa delle quali è certamente il celebre morso alla testa di un pipistrello vivo. Fu un equivoco, in realtà, glielo gettarono sul palco e lui credeva fosse di gomma (ammesso che il tutto sia vero, cosa mai chiarita). Ma si parla anche di una colonna di formiche sniffate con una cannuccia di fronte a Nikki Sixx dei Mötley Crüe e di una colomba decapitata a morsi – e stavolta esiste pure una foto. Ce n’è abbastanza per una stagione intera di “Medicina 33”.
Le ragioni di una sopravvivenza che sfida ogni possibile legge medica stanno però nel suo Dna. Secondo gli analisti che hanno perso tempo con il codice genetico del cantante, «Ozzy è 6.13 volte più incline rispetto alla media a cadere nella dipendenza da alcol, ma anche 1.31 volte più incline a diventare dipendente da cocaina e 2,6 volte ad avere allucinazioni causate dalla marijuana». Non solo: il gene ADH4 di Ozzy (che è responsabile della scomposizione dell’alcol) è in grado infatti di scomporre l’alcol molto più rapidamente rispetto alla media. E ancora, il leader del Black Sabbath porta nel suo codice genetico due varianti alleliche del gene COMT, chiamate variante “guerriera” e variante “ansiosa”, che spiegherebbero sia gli eccessi che la capacità di sopravvivervi.
C’è gente destinata a vivere da rockstar, quindi. È tutto scritto nel genoma. E voi, che avete degli stupidissimi geni normali, ricordate di non farlo a casa. Perché lui è Ozzy. E voi no.
Adriano Scianca