Roma, 22 set – Il Vaticano sta rivalutando Julius Evola? Per chi conosca i vari scontri avuti dal filosofo con la Santa Sede e con gli ambienti cattolici in generale nella prima metà del Novecento, si tratterà di una bella sorpresa: come non ricordare le furiose polemiche che circondarono il pamphlet Imperialismo pagano, nel 1928, che videro schierarsi contro il pensatore tradizionalista persino Giambattista Montini, futuro papa Paolo VI? E anche successivamente, ai tempi della campagna razziale del fascismo, sembra che una serie di progetti evoliani, già avallati da Mussolini e che avrebbero fatto del pensatore la figura centrale del razzismo fascista, finirono per abortire proprio a causa delle pressioni di alcuni ambienti gesuiti.
Lo “scoop”, se vogliamo, è però contenuto nel dossier relativo alla “scoperta” vaticana di Evola. Il volume presenta il contributo di Oppes e ospita poi due commenti, di Nuccio D’Anna e Giovanni Sessa. La presentazione della vita e del pensiero di Evola proposta dallo studioso francescano colpisce per la pacatezza e la documentazione, anche se D’Anna spiega come si tratti di “rilievi che non colgono l’essenziale del suo approccio spirituale”. “Mistica”, infatti, non è un termine propriamente evoliano. Il pensatore tradizionalista lo utilizza sempre circostanziando con precisione i limiti della formula. Due gli elementi di “sospetto” di Evola verso l’espressione: lo slancio emotivo, “irrazionale”, estatico del mistico, che è decisamente lontano dalla fredda lucidità impersonale che caratterizzerebbe nella visione evoliana l’elevazione spirituale, e anche la sua irripetibilità, la sua caratteristica di esperienza personale, insondabile, incomunicabile, non trasmissibile.
Scrive bene D’Anna: “Secondo Evola bisogna distinguere nettamente la mistica cristiana che si risolve in una pura esperienza individuale irripetibile spesso improvvisa e senza nessuna possibilità di trasmettere la particolare esperienza spirituale vissuta dal mistico, dalle catene iniziatiche che, possedendo un metodo ed una ‘influenza’ celeste da trasmettere, rendono sperimentabile anche per il discepolo il ‘piano celeste’ nel quale dimora il Fondatore. È una trasmissione costante da maestro a discepolo che nessun mistico sperimenta”. Gli fa eco Sessa, secondo cui “la ‘mistica’ evoliana, che non rinuncia affatto alla coscienza sveglia, all’Io, è in realtà una forma di ascesi, una sorta di ‘metodologia della perfezione’ che si sviluppa per gradi. In essa l’Io che si reintegra nel Sé è sempre presente a se stesso e non vive di improvvisi ed irripetibili deliqui”. Precisazioni doverose, che tuttavia non attenuano il valore di un approccio finalmente sereno e oggettivo al pensiero evoliano da parte di quelli che, per larga parte della vita del filosofo, sono stati i suoi nemici dichiarati e più agguerriti. Il tutto senza confusioni tra i due punti di vista, che restano assolutamente distanti e in parte confliggenti, certo. Ma almeno, da ora, senza colpi bassi.
Adriano Scianca
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