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Valditara e l’integrazione con la Costituzione: le ragioni di un fallimento

by Sergio Filacchioni
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Valditara

Roma, 28 mar – Torna a parlare il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara dopo le polemiche sulla scuola “chiusa per Ramadam” a Pioltello: dopo le parole di Salvini sul “tetto agli alunni stranieri del 20% per classe” – cosa che guardando alla demografia italiana rischia comunque di rendere le classi centri islamiciscrive sui social anche il titolare del dicastero di Viale Trastevere evocando i “valori della Costituzione”.

Valditara e l’integrazione con la Costituzione

L’inclusione può avvenire assimilando i nuovi arrivati sui valori fondamentali, quelli che sono racchiusi nella Costituzione e che appartengono alla identità di chi accoglie, oppure realizzando la società del melting pot, dove ognuno pensa e fa ciò che vuole. La prima società ha un futuro ordinato e prospero, la seconda ha di fronte a sè la disgregazione e il caos”. Eppure quelle che potrebbero sembrare parole degne d’elogio racchiudono un equivoco fondamentale, anzi due: il primo è il solito mantra antifascista dell’identificazione dell’Italia e del suo popolo nella Carta costituzionale del 1948. Si tratta di ciò che giustamente è stato definitofeticismo della Costituzione” (o magari il tentativo goffo di renderla agli occhi degli italiani una “magna charta” o una Dichiarazione d’indipendenza americana): per l’antifascismo insomma la Costituzione dovrebbe rappresentare il fondamento di quella identità italiana in grado di creare l’italiano post-fascista. Ma come ci ricorda Carl Schmitt “le costituzioni seguono consuetudini e rapporti di forza, non il contrario. Non riconoscerlo equivale al tentativo assurdo di racchiudere per forza la realtà dentro schematismi astratti”. Che significa? Molto semplice: che così come la Costituzione Italiana del 1948 (così come lo Statuto Albertino del 1848) non ha creato il popolo italiano, così non sarà la costituzione a rendere gli immigrati che in massa si stanno riversando su Italia ed Europa il nuovo popolo dell'”ordine e della prosperità”. E qui veniamo al secondo equivoco extra: “stabilire un tetto” o parlare di “inclusione” è l’evidente cedimento al diktat fatalista che ha sempre accompagnato l’immigrazione, ovvero l’idea di poter “gestire” la situazione ma non “fermarla” (figuriamoci invertirla!).

Le ragioni di un fallimento

Insomma non saranno i “valori fondamentali” della Costituzione (Che poi quali sono? Perchè se fossero quelli di “LibertéÉgalitéFraternité” non mi sembrerebbero comunque il mezzo giusto per porre in essere una seria lotta all’immigrazione) a trasformare magicamente le classi delle scuole italiane ed i quartieri i paradisi dell’armonia razziale. Come possiamo confidare in una carta valoriale che non ha mai nemmeno fondato quel popolo che dovrebbe – in teoria – attuarla? La verità è che i popoli si fondano, ma non sulle costituzioni. Stabilire che la maggioranza degli studenti nelle classi debba essere italiana è futile, dal momento che rischia di rimanere uno schema astratto difronte alla preponderanza numerica dell’immigrazione e la nostra denatalità, di fronte alla sostituzione dei nostri lavoratori con manodopera straniera, di fronte all’avanzata del fondamentalismo. O accettiamo che esista come processo irreversibile, e allora poi non ha senso lamentarsi che ci siano scuole o classi a maggioranza straniera che rappresenta la più logica delle conseguenze, oppure lavoriamo ideologicamente e materialmente per fermarla ed invertire il processo in nome di un’Identità “reale”, ovvero quella delle Patrie incarnate dai popoli che ci vivono, proprio perchè è questa carnalità ed appartenenza a rendere possibile tutto il resto; anche le costituzioni; anche “la storia, la letteratura, l’arte, la musica” di cui Valditara parla quando sogna la sua “integrazione scolastica”. Bella la musica dell’orchestra, ma il Titanic affonda signor Ministro.

Sergio Filacchioni

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