Londra, 26 giu – In quante occasioni ci siamo sentiti dire che sono solamente 22 ragazzi in maglietta e pantaloncini che corrono dietro a un pallone? Più o meno lo stesso numero di volte che le nostre orecchie hanno ascoltato – in altri discorsi e in contesti ben diversi – la manfrina della Prima guerra mondiale come inutile strage. Chissà cosa avrebbe da dirci a riguardo Vittorio Pozzo, classe 1886, tenente del 3° Reggimento Alpini, uomo di trincea e di calcio che – tra le altre cose – ha guidato la nostra Nazionale a due successi mondiali e a un oro olimpico. Per chi ha difeso in prima linea i sacri confini, l’essere il commissario tecnico più vincente della storia del calcio dev’essere un particolare. Forse.
E’ solo un gioco, dicono. Non per chi ha battuto gli austriaci prima sul campo di battaglia e poi sul rettangolo verde. In anni in cui il calcio non era ancora il fenomeno nazionalpopolare dei nostri giorni, l’allora cittì portava i suoi giocatori al sacrario di Redipuglia e “divideva con loro il lavoro, la fatica e il sacrificio”, comandando con l’esempio e mantenendo – in modo “cordiale, gioviale” – la distanza che sempre deve intercorrere tra gradi differenti. Una visione marziale del pallone che contraddistingue i grandi allenatori.
“Già l’aquila d’Austria le penne ha perdute”
Per i ragazzi del tedesco – di chiare origini italiane – Franco Foda è la terza partecipazione alla fase finale di un Europeo ma i predecessori mai si erano spinti oltre alla fase a gironi. Nonostante siano lontani i fasti dei primi anni ‘30 – quando il Wunderteam si giocava proprio contro gli azzurri le più importanti competizioni: semifinale ai Mondiali del ‘34, finale olimpica nel ‘36 – le sfide non hanno mai avuto esito scontato. La bilancia comunque pende a nostro favore, ricordiamo l’1-0 firmato Schillaci a Italia ‘90 e il 2-1 in terra transalpina del 1998 (Vieri, Baggio) con cui la selezione di Cesare Maldini strappa la qualificazione agli ottavi, vittoria poi mutilata dalla traversa dello Stade de France.
Italia – Austria: la partita
Certe vittorie vengono colte prima del calcio d’inizio: il trentunesimo risultato utile di fila può essere spiegato anche dalla determinazione con cui i nostri azzurri intonano le parole di Mameli e dalla fierezza di chi ha deciso di onorare quel tricolore – intriso di sangue e amor patrio – rimanendo in piedi.
Il Mancio scende in campo con la formazione-tipo: il 4-3-3 vede Donnarumma a difesa dei pali, Bonucci e Acerbi davanti al gigante stabiese con Di Lorenzo e Spinazzola terzini. Nel reparto nevralgico oltre all’intoccabile Jorginho, rinnovata la fiducia a Barella e Verratti. Nessun dubbio sulle bocche di fuoco, che sono ancora una volta Berardi, Immobile e Insigne. Nell’11 austriaco fari puntati sulla punta Arnautovic, giocatore oggi affermato e in odor di Bologna con un passato da giovane meteora – più ritardi che presenze – nell’Inter del triplete.
Italia subito a presidio della metà campo avversaria, al quarto d’ora Spinazzola accelera a sinistra e serve Barella il cui fendente è fermato da un grande intervento di Bachmann. Gli austriaci passano il primo tempo in trincea ma i nostri possiedono la giusta dose di pazienza. Al 31′ clamoroso montante colpito da Immobile con un destro dai 30 metri. Prima dell’intervallo è la freccia romanista a impegnare l’estremo difensore in maglia nera.
Italia – Austria, secondo tempo: stranamente sottotono
I nostri avversari mettono il naso fuori dalla loro area: ammonito Di Lorenzo per fallo al limite, poi Barella per proteste con Alaba che si rende pericoloso sulla susseguente punizione. I cambi nel mezzo delle grandi paure (il VAR annulla il gol di Arnautovic per fuorigioco millimetrico e segnala la posizione irregolare di Lainer su un contatto in area italica): Pessina e Locatelli per Barella e Verratti, poi Belotti e Chiesa al posto di Immobile e Berardi. Fatichiamo, soprattutto sugli esterni.
Italia – Austria, i supplementari: abbiate Fede
Si diventa squadra nella sofferenza, dopo 3 vittorie rotonde, questa è la prova del 9. Il sudore azzurro viene ripagato al 95′: Chiesa su suggerimento dell’inesauribile Spinazzola confeziona l’1-0 con una bellissima giocata. Da fermo Insigne fa le prove del 2-0 che arriva puntuale in scadenza di tempo quando il mancino di Pessina – Acerbi uomo assist in insolita posizione di centravanti – chiude la gara. C’è ancora tempo per un miracolo di Donnarumma, il cambio Cristante-Insigne e l’ininfluente gol di Kalajdzic. Panchina decisiva quindi: non può essere diversamente per ha deciso di pensare in grande.
Quarti di finale, sotto a chi tocca
Domani sera conosceremo la nostra avversaria. Entrambe date tra le favorite alla vigilia, non fanno paura né il Portogallo di CR7 né il Belgio di Lukaku: ci giocheremo le nostre carte senza timori reverenziali, perché alla fine – con buona pace degli auto-razzisti di casa nostra – la storia è sempre la stessa: quando sappiamo essere Italia, non passa lo straniero.
Marco Battistini
4 comments
Abbaimo fatto ca*are ahaha ma de che stamo a parla’
Forse le squadre dovevano inginocchiarsi per i black lives matters perchè il giorno precedente un nero ha ucciso tre persone in Baviera?……
dopo l’aver visto i giocatori non inginocchiarsi, ho pensato che a quel punto potevamo prendere anche 10 gol, tanto la partita più importante l’avevamo già vinta. onore, Italia!
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