Lampedusa, 3 ott – Trecentosessantasei morti, dei quali 11 bambini. Venti i dispersi, centocinquantacinque i sopravvissuti. Alla fine fu questo il drammatico bilancio del naufragio due anni fa ha rivoluzionato, forse per sempre, il tema delle migrazioni nel Mediterraneo. E l’ha fatto in peggio.
La tragedia di Lampedusa
La dinamica è quella di tanti, troppi incidenti nautici ai quali ci siamo abituati in questi anni: un errore umano, il panico, la carretta del mare che cola a picco trascinando con sé centinaia di vite. Ma quella di Lampedusa è stata solo la prima di una lunga serie. Una serie nella quale gli scafisti hanno il ruolo dei comprimari, perché i veri responsabili dell’aver trasformato il Mediterraneo in un cimitero sono stati il buonismo al caviale del governo italiano e la totale incapacità europea nel gestire l’emergenza.
Lampedusa e Mare Nostrum
E’ proprio dalla tragedia di Lampedusa, infatti, che prese il via la missione – sponsorizzata e difesa ad ogni pié sospinto dal ministro dell’Interno Angelino Alfano – “Mare Nostrum“. Missione che si voleva di soccorso e salvataggio in mare per chi si fosse trovato in difficoltà ma che, a conti fatti, si è trasformata in un invito a braccia aperte ad affrontare la traversata. E’ così che centinaia di migliaia di persone si sono messe nelle mani di trafficanti senza scrupoli, pronti ad armare un qualsiasi bagnarola. Comunque andasse, avevano la certezza che le navi di Marina Militare e Guardia Costiera sarebbero uscite dalle acque territoriali per accorrere in aiuto.
Ma il confine tra la pietas, la legge del mare e l’opportunismo è labile: perché quando gli stessi scafisti ammettono di chiamare direttamente le centrali operative al momento della partenza, allora diventa arrogante affarismo. E se loro possono comunque contare sull’incasso in anticipo, l’Italia ha invece dovuto fare i conti con una sequela in crescendo di naufragi. Perché quello di Lampedusa non è stato il primo e nemmeno quello a maggior costo in termini di vite umane: il 18 aprile scorso l’ennesima imbarcazione si è ribaltata, inghiottendo nelle profondità del Canale di Sicilia quasi 1000 persone e lasciando meno di 60 superstiti. La più grande tragedia in tutta la storia del Mediterraneo.
E fin tanto che il canovaccio resterà quello dell’accoglienza a tutti i costi, non sarà purtroppo l’ultima.
Giuliano Lebelli