Proprio Gay.it, peraltro, riporta in homepage una intervista a Vanni Piccolo – tra i fondatori del Circolo “Mario Mieli”, nel 1994 nominato dalla Giunta Rutelli “Consigliere del Sindaco per i diritti civili delle persone omosessuale” – che ribadisce concetti analoghi: “Oggi penso che se a quei tempi ormai lontani [cioè agli inizi del movimento omosessuale] nella gamma delle rivendicazioni qualcuno avesse inserito la parola ‘matrimonio’, ponendolo tra gli obiettivi da perseguire, sarebbe stato almeno lapidato. […] Quasi tutto il decennio degli anni 70 è segnato da moti di protesta che cambiano la società. Un cambiamento che investe e destabilizza soprattutto valori tradizionali come l’autorità nelle scuole, la patriarcalità della famiglia, il rapporto uomo/donna, che dà anima ai movimenti femministi. Il concetto di famiglia viene completamente scardinato nei suoi ruoli gerarchici, ma soprattutto viene scardinata la visione della famiglia come formazione sociale indispensabile per il proprio progetto di vita”. E aggiunge: “Non posso condividere l’affermazione per la quale senza la stepchild la legge è vuota e priva di significato. Questa affermazione offende profondamente tutte le coppie senza figli e le loro storie sofferte, quelle storie nate quando era già difficile esistere come gay e lesbica e che hanno avuto il coraggio di non rinunciare al loro amore e anzi di alimentarlo con le difficoltà di tutti i giorni”.
Giuliano Lebelli
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Questo significa solo che malgrado il superperbenismo e il familismo ostentato dalla cultura gay contemporanea, i membri della relativa “comunità” sono sfortunatamente altrettanto, e più, vittime del decrescentismo degli etero. Oscar Wilde di figli ne aveva due o tre.