Roma, 12 ago – Di roghi e cosche. Decine di incendi stanno devastando il Sud Italia, in particolare diverse zone della Sicilia e della Calabria sono in preda alle fiamme. Con il governo che, come spiegato ieri su questo giornale, non investe abbastanza in prevenzione e mezzi antincendio. Ma chi appicca il fuoco? Certo, il caldo torrido di questi giorni è un fattore non trascurabile, ma la matrice dolosa è senza alcun dubbio la più rilevante. E’ importante capire che concentrarsi sul cambiamento climatico non aiuta a comprendere bene quanto sta accadendo in questi giorni. Senza girarci troppo intorno, dietro i piromani spesso c’è la longa manus delle cosche.
Perché dietro i roghi c’è la mano delle cosche
La criminalità organizzata da anni usa il fuoco per sviluppare il proprio business illegale. E’ un metodo vigliacco, spietato, al limite dell’indicibile, dunque mafioso. Per quanto non sempre un piromane sia in qualche modo legato alle cosche, i “lupi solitari” dei roghi sono meno di quanto si pensi. Da cosa deduciamo tutto questo? Da una rivendicazione specifica di un gruppo criminale? Certo che no, non funziona come per il terrorismo. E’ sufficiente però osservare bene i dati.
Partiamo dagli ultimi a disposizione. Come spiegato nel rapporto Ecomafia 2021 e nel dossier elaborato da Legambiente assieme a SISEF , “l’82% della superficie boscata e non boscata data alle fiamme e il 54,7% degli illeciti rilevati si concentrano tra Campania, Sicilia, Calabria e Puglia”. Come noto sono le quattro regioni italiane a più alta concentrazione mafiosa. Ancor più nel dettaglio, vediamo pure la triste classifica provinciale degli incendi scoppiati lo scorso anno. Primi cinque posti per numero di reati accertati, dunque roghi dolosi: Cosenza, Salerno, Palermo, Foggia e Potenza. In totale in Italia sono stati accertati 81.464 reati di questo tipo tra il 2006 e il 2019.
Il precedente rapporto Ecomafie
E’ inoltre altrettanto importante specificare che questa estate non è così anomala. Basti vedere il precedente rapporto Ecomafie, quello cioè dello scorso anno. “Il rapporto Ecomafie 2020 – spiega Il Corriere della Calabria – ha già evidenziato come alla Calabria spettasse un triste primato sui numeri legati agli incendi boschivi scoppiati in Italia nel 2019. Il 50,3% dei reati, secondo i dati di un anno fa, si concentrava nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove è andato in fumo il 76% del territorio percorso dal fuoco a livello nazionale, con la Calabria (548 reati) in cima alla classifica. Questo apre la questione degli interessi mafiosi legati alla filiera del legname, sulla quale da tempo le cosche calabresi hanno messo gli occhi e le mani, come dimostrano diverse inchieste”.
Come mai la mafia appicca il fuoco
Già, la cosiddetta “mafia del legname”. La stessa criminalità organizzata che appicca o fa appiccare il fuoco anche per altri motivi. Quali? Punta ad aggiudicarsi appalti per il rimboschimento e per la manutenzione, oltreché per aumentare superfici di pascolo e incrementare le assunzioni nel personale forestale, sovente legate a clientelismi locali. Ci sono poi altre cause: legate ai meri ricatti, alle vendette, alle estorsioni, alle guerre tra clan. Tutto, sempre e rigorosamente, da ricondurre alla mafia. Adesso parlate pure di caldo senza precedenti e cambiamenti climatici, basta che non vi sfugga la reale causa di questo dramma nel Sud Italia.
Eugenio Palazzini
2 comments
Ogni tanto attraverso la Slovenia, da Trieste alla cocente, troppo disalberata Ungheria. Sono 300 km con vista su foreste a perdita d’ occhio senza alcun zona bruciata per nulla, ben diversamente p.es dal ns. entroterra ligure. Per dire che anche nel ns. nord, seppur più denso di popolazione, tempo addietro non hanno avuto molto rispetto! Sostanzialmente è rimasto ben poco da bruciare.
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