Roma, 11 ago – Alla fine ci ha lasciati per davvero. Con la sua dipartita, Michela Murgia lascia un vuoto incolmabile, a cui non potrà sopperire neanche il suo gemello diverso Roberto Saviano. In queste ore, i soliti cuckservative si stanno sperticando in elogi in onore della scrittrice sarda, perché stare zitti pareva brutto. Il problema è che la stanno elogiando per i motivi sbagliati.
Michela Murgia soldato politico
Nell’epoca dell’assurdo, in cui un uomo colla parrucca può gareggiare contro le donne, Michela Murgia ha incarnato al massimo grado lo spirito del tempo. Con una coerenza assoluta e intransigente: senza sconti, senza pietà, senza tentennamenti. E così, nell’epoca della presunta «morte delle ideologie», Michela Murgia è diventata una vera intellettuale militante. Il suo fanatismo non si fermava di fronte a nulla e a nessuno: ogni battaglia, anche la più ridicola, veniva combattuta da Michela con lo spirito del missionario e del soldato politico. Dalla «matria» ai deliri Lgbt, dal «razzismo sistemico» allo schwa, dal fascistometro agli attacchi alla famiglia, ogni stramberia ideologica, per lei, era una trincea da difendere con le unghie e coi denti. Ogni nemico politico doveva essere attaccato sempre e comunque, anche e soprattutto quando aveva ragione.
Una volta diagnosticata la sua malattia, Michela Murgia non si è ritirata a vita privata. No, da vero soldato politico, ha sfruttato la sua condizione per condurre l’ultima battaglia a favore delle coppie di fatto e delle famiglie queer. Fino alla tomba e oltre. Verso l’immortalità. La differenza con Saviano è lampante: la sua è una vita tutta dedicata all’autopromozione e all’accrescimento del suo ego ipertrofico. Michelona, al contrario, la sua vita l’ha dedicata alla madre di tutte le battaglie: quella per l’egemonia culturale, per la conquista delle anime, per il trionfo del globalismo. È questa la differenza tra un promoter (Saviano) e una militante (Murgia).
Dall’altra parte, il nulla
Ora, ditemi: dove lo trovate, a destra, uno che valga anche solo un’unghia laccata di Michela Murgia? Esatto, non lo troverete. Perché Michelona era una «fanatica» nel senso etimologico del termine: non arretrava di fronte a nulla, mostrava le zanne, tirava fuori gli artigli, si buttava nella mischia, si prendeva i pesci in faccia con una noncuranza commovente. È vero che le sue erano battaglie conformiste, ma comunque ci vuole coraggio per combatterle in prima linea e senza esclusione di colpi. A destra, invece, è tutta una gara a chi si dissocia, a chi ritratta, a chi smentisce, a chi rettifica, a chi è stato frainteso: «blocco navale subito ma sosteniamo l’immigrazione legale», «utero in affitto reato universale ma adozioni gay perché no», «sulla strage di Bologna ho molti dubbi ma rispetto le sentenze». In confronto a Michela Murgia, questa gente non vale un cazzo.
Ho sempre pensato che, nel grande circo della postmodernità, la pagliaccia fosse lei, Michelona Murgia. Ma forse devo ricredermi. I pagliacci sono sempre stati gli altri, quelli che cambiano idea in base al palinsesto di La7 o al raffreddore di Formigli. Michela, invece, idea non l’ha mai cambiata: è sempre stata una nemica dell’Italia e della civiltà europea. Pur detestando tutto ciò che sostiene e rappresenta, l’onore delle armi glielo dobbiamo.
Valerio Benedetti