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Quando l’America è diventata il Nuovo Mondo

by Giovanni Damiano
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America

Questo breve scritto verte su alcuni autori europei, tra i primi ad essersi occupati del mondo nordamericano. Chiaramente non alludo alle relazioni etnografiche sulle genti amerindie, diffusissime sin dal Cinquecento, ma di come degli europei (Crèvecoeur, Chateaubriand, Tocqueville), recatisi in America del Nord tra Sette e Ottocento, abbiano interpretato tale realtà.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di febbraio 2023

Credo sia quasi superfluo aggiungere che l’argomento è sterminato e che, di conseguenza, mi limiterò a dire pochissime cose concernenti appunto questi tre soli autori, tutti francesi, anche se Crèvecoeur fu naturalizzato americano nel 1765. Autori che si sono rapportati con una realtà profondamente diversa dalla loro, ma con esiti assai divergenti. Una differenza nella differenza, per così dire. Ed è proprio in questi casi che l’alterità mostra il suo volto più vero, sfuggente e metamorfico, mai racchiudibile in uno schema pre-fissato una volta per tutte.

L’America e virtù del contadino

Nato in Normandia nel 1735, Michel-Guillaume-Jean de Crèvecoeur – senz’altro il meno conosciuto fra i tre – arriva in Nordamerica nel 1759, dove rimarrà per un ventennio, per poi andarsene e ritornarvi, per infine stabilirsi definitivamente in Francia, dove morirà nel 1813. Nel 1782 dà alle stampe Letters from an American farmer, l’opera che per prima svelò all’Europa una delle «forme di vita» più tipiche dei nascenti Stati Uniti d’America. Con uno sguardo simpatetico (lui stesso ebbe una fattoria durante il suo soggiorno americano), Crèvecoeur si sofferma sulla figura virtuosa, dalla vita semplice e laboriosa, del farmer, visto come l’espressione più autentica della società d’oltre Atlantico. Il farmer come colui che col suo lavoro libero, col suo spirito d’iniziativa e i suoi valori di tenacia, onestà e semplicità, soggioga la wilderness, spinge in avanti la frontiera, dissoda e civilizza un territorio immenso.

Leggi anche: «Tradizionalisti o sovversivi?»: le origini culturali degli Stati Uniti

Ora, al di là del voler vedere già nell’opera di Crèvecoeur, in controluce, la jeffersoniana democrazia agraria o, magari, l’ideologia del people’s party, è indubbio che, secondo il grande storico della frontiera Frederick Jackson Turner, il farmer ha rappresentato appunto l’elemento propulsivo della società americana, oltre che l’incarnazione dei suoi ideali più alti.

Il buon selvaggio

Adesso, mentre la dimensione temporale che attraversa l’opera di Crèvecoeur è il presente, tutto ripiegato sul passatoè invece il libro Les Natchez di François-René de Chateaubriand. Laddove Crèvecoeur ci fornisce una straordinaria «istantanea» della società in cui lui stesso aveva vissuto, Chateaubriand, immedesimandosi nel tragico destino di una nazione indiana sconfitta e dispersa dai francesi nel corso della prima metà del Settecento, si rivolge a un passato idealizzato, dai chiarissimi echi rousseauiani, ovvio contraltare della decadenza dell’oggi. Infatti Chateaubriand, che aveva visitato l’America del nord nel biennio 1791-1792, pur pubblicando il suo libro sui Natchez soltanto nel 1826, lo aveva redatto in gran parte tra il 1794 e il 1799, ossia negli anni, per lui durissimi, dell’emigrazione inglese. D’altronde, non era stato proprio Chateaubriand, critico feroce della Rivoluzione francese senza però cadere nell’impossibile sogno di una Restaurazione integrale, ad aver compreso tra i primi che quando ci si trova in un periodo di accelerazione storica – qual è per eccellenza quello rivoluzionario – si finisce per non…

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