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“Una di memorie, di sangue e di cor”: così l’Italia dell’800 scelse lo Ius Sanguinis

by Adriano Scianca
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Ius soli ius sanguinis italiaRoma, 16 giu – La legge sui criteri per acquisire la cittadinanza italiana – quella che stanno cambiando in questi giorni – è stata varata nel 1992. Il principio che la informa, lo ius sanguinis (cittadino è il figlio del cittadino) ha però caratterizzato tutte le legislazioni in merito della storia unitaria italiana. Le norme sulla cittadinanza del Regno d’Italia vengono fissate dagli articoli 5-10 del Codice civile, approvato nel 1865. Nel febbraio di quell’anno si tenne alla Camera un dibattito, proprio per decidere a quale criterio dovesse ispirarsi la legislazione del nuovo regno. Entrambe le posizioni, ius soli e ius sanguinis, trovarono dei ferventi sostenitori, anche se va tenuto presente che essere per il diritto del suolo a metà dell’800, quando non esistevano flussi migratori di questa intensità, aveva tutt’altro significato. Insomma, sostenitori della sostituzione etnica, all’epoca, non ce n’erano né nell’uno, né nell’altro fronte.

Detto questo, fra i più accaniti sostenitori dello ius soli si segnalò Francesco Crispi, secondo il quale la cittadinanza “la dà la terra in cui si nasce; ogni individuo nato nel Regno d’Italia è cittadino italiano”. A lui risponde Pisanelli, relatore della Commissione che aveva esaminato il progetto di legge, secondo il quale, invece, “la razza è il precipuo elemento della nazionalità”. Il vincolo che lega l’uomo alla terra, sostengono gli avversari di Crispi, è di origine feudale. Al contrario, per Paquale Stanislao Mancini, “l’uomo nasce membro di una famiglia, e la nazione essendo un aggregato di famiglie, egli è cittadino di quella nazione a cui appartengono il padre suo, la sua famiglia”. La norma che infine verrà approvata contempla entrambi i criteri, ma con lo ius soli subordinato allo ius sanguinis: cittadino è il figlio del cittadino, ma il figlio di genitori stranieri nato in Italia può acquisire la cittadinanza se padre e madre hanno uno stabile domicilio nel Regno. Quanto allo straniero nato all’estero che voglia diventare italiano, saranno previste due procedure: una di naturalizzazione piena, l’altro di naturalizzazione a metà (senza il diritto di voto, per esempio). Dall’Unità fino alla fine del secolo si conteranno solo undici provvedimenti di naturalizzazione piena.

In generale, come il Primato ha documentato in due precedenti articoli sull’argomento (qui e qui), la visione risorgimentale e post-risorgimentale dell’italianità risente potentemente di un’idea di nazionalità anche “biologica”: da Mazzini, per cui “lingua, territorio, razza” sono “gli indizi della nazionalità”, da confermare poi con un atto storico volontaristico, a Manzoni (“una [l’Italia] d’arme, di lingua, d’altare /Di memorie, di sangue e di cor”), a Gioberti (“v’ha bensì un’Italia e una stirpe italiana congiunta di sangue, di religione, di lingua scritta ed illustre”) fino a Francesco De Sanctis (“saremo una nazione di ventisei milioni di uomini, una di lingua, di religione, di memorie, di coltura, d’ingegno e di tipo”) e Cavour (“una [l’Italia] la rendono la stirpe, la lingua, la religione, le memorie degli strazi sopportati e le speranze dell’intiero riscatto”). Così parlarono i padri della nazione. Chissà come parleranno i suoi figli ultimi…

Adriano Scianca

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nemesi 16 Giugno 2017 - 1:19

vorrei ricordare che nell’unico Paese ove vige lo ius soli puro,gli Stati Uniti:

– il nuovo nato per LEGGE non costituisce titolo per la permanenza dei suoi genitori negli USA fino al compimento di anni 21 (non 18 ma 21);

– è praticamente impossibile per una donna incinta straniera entrare negli USA con un visto turistico e poi partorire (se non si ha un pregresso titolo come work permit o green card si viene respinti alla immigration aeroportuale;

– senza copertura sanitaria assicurativa il parto va pagato all’ospedale con un cifra minina di 20.000 USD (fino a 50.000 se con complicanze o cesareo);

– gli USA rimangono un Paese ove il welfare è di fatto inesistente e questo comunque scoraggia quelle popolazioni desiderose di sfruttarne la convenienza come in Europa;

con tutti questi parametri ci si accorge (al di là del fatto identitario e sociale) che lo ius soli all’americana non è affatto così facile nè conveniente..

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