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Alitalia a terra, ma ecco come Etihad l’ha spolpata prima di uscirne

by Filippo Burla
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alitalia slot millemigliaRoma, 29 apr – Saltato l’aumento di capitale da due miliardi di euro dopo il referendum che ha bocciato il piano industriale, Etihad potrebbe chiudere la sua avventura in Alitalia con un rosso di 560 milioni di euro. Non un esborso di poco conto, ma assolutamente sostenibile per una compagnia che si appresta a toccare i 10 miliardi di dollari di ricavi e chiude bilanci praticamente sempre in utile (103 milioni nel 2015, +40% rispetto all’anno precedente).

Normale gioco imprenditoriale: da qualche parte si guadagna, da altre si perde ma l’importante è che alla fine dell’esercizio i conti quadrino. Ciò che ad esempio non è successo ad Alitalia, né prima né dopo l’ingresso della società emiratina. E però quest’ultima, nonostante sulla carta abbia messo mano al portafogli per quel mezzo miliardo di euro, rischia perfino di uscirne se non con una plusvalenza, quanto meno portandosi dietro alcuni fra i migliori asset della nostra fu compagnia di bandiera. Nulla a che fare con il commissariamento, né con la futura cessione o liquidazione. Tutt’altro, e tutto messo nero su bianco quando, nel 2015, Etihad fece il suo ingresso tra la Magliana e Fiumicino. Per mettere mano al portafogli, infatti, Abu Dhabi chiese ed ottenne di poter pagare solo 387 milioni in termini di capitale sociale, mentre i restanti furono investiti in due diverse operazioni.

La prima – dal valore di 60 milioni – per l’acquisto, distinto da quello delle azioni, di 5 slot a Londra Heathrow, poi riaffittati alla stessa Alitalia ma senza indicazioni sul corrispettivo. Gli slot sono, in estrema sintesi, diritti di decollo e atterraggio in determinati giorni e su precise fasce orarie. Il loro mercato è particolarmente oscuro: non esistono indici, non esistono prezzi di riferimento e nemmeno ‘listini’ ufficiali. Le compagnie aeree li comprano e vendono come se fossero merce di scambio, peraltro assai pregiata. I valori, desunti dalle operazioni fra vettori sull’hub londinese, non sono mai scesi al di sotto dei 30 milioni ma con punte fino a 75 per un singolo slot. E’ vero che esistono slot più o meno pregiati e quelli di Alitalia non rientra(va)no fra i primissimi, ma ciò non sembra sufficiente a giustificare un prezzo di acquisto a 12 milioni di euro l’uno, meno della metà del minimo registrato nelle ultime compravendite. Fonti interne di ad Alitalia raccolte ieri dal Sole 24 Ore parlano di valore di quegli slot attorno ai 70 milioni di euro. Una stima forse eccessiva, ma è d’altra parte da escludersi – come prova a giustificarsi Etihad – che l’operazione sia avvenuta a prezzi di mercato. Anche volendo considerare la parte bassa della forchetta, ad essere generosi il guadagno netto supererebbe i 100 milioni di euro. Se invece fosse confermato il valore di 70 milioni, il margine arriverebbe a sfiorare i 300 milioni.

La seconda operazione riguarda il programma fedeltà gestito da Alitalia Loyalty S.r.l, nata nel 2012 per scorporo dalla capogruppo. Etihad, spiega sempre Simone Filippetti dalle colonne del quotidiano di Confindustria, ha speso 112 milioni per il 75% della società, mettendo così le mani sulle ” ambite MilleMiglia: i programmi fedeltà valgono a peso d’oro per le compagnie. E infatti anche nella disastrata Alitalia, che perde 1 milione al giorno, la controllata Alitalia Loyalty nel 2015 ha guadagnato 14 milioni”. Senza poi considerare l’immensa base di dati, di difficile valutazione ma indubbiamente pregiata dal punto di vista commerciale. Le stesse fonti interne parlano di un valore societario almeno il 70% superiore rispetto a quanto corrisposto in sede di acquisto, vale a dire anche qui quasi 100 milioni di netto.

Fra i 100 e i 300 milioni di guadagni sugli slot proditoriamente sottratti alla compagnia, quasi 100 quelli del programma MilleMiglia. Se vogliamo essere maliziosi, solo con queste due operazioni Etihad ha rintuzzato non poche perdite dell’investimento iniziale. Ma nel frattempo è riuscita dove né lo Stato né i sedicenti ‘capitani coraggiosi’ erano mai riusciti: far chiudere definitivamente Alitalia, guadagnando una terza volta perché ha, nei fatti, tolto di mezzo un disastrato ma non piccolo concorrente.

Filippo Burla

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2 comments

Anonimo 2 Maggio 2017 - 7:46

ma i grandi dirigenti di Alitalia dove sono? togliamo loro le liquidazioni. Ora che viene comissariata continuano a percepire gli stipendi. Io sono responsabile anche se dichiaro i 300 euro degli scontrini della farmacia

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umberto 4 Maggio 2017 - 5:54

io lavoro in alitalia e gudagno con gli assegni f. 1700 euro , la gente pensa che siamo dei privileggiati , incollarsi i bagagli , respirare tutta quella roba ……maaaa sotto l acqua , ma lho scelto io , è la mia vita

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