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Asili nido: con i saldi arriva il bonus di fine legislatura

by Salvatore Recupero
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Roma, 16 lug – Da domani sarà possibile richiedere il bonus di mille euro per i bimbi nati a partire dal primo gennaio 2016. Il contributo (suddiviso in undici rate da novantuno euro ed erogato con cadenza mensile) è destinato al pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati per i bambini fino a tre anni.  Per i bimbi già iscritti al nido sarà riconosciuto l’intero importo spettante a partire dal primo gennaio scorso, data di entrata in vigore delle norme. Per ottenere la congrua somma non servirà l’Isee, basterà attestare l’iscrizione del pargolo all’asilo nido.

Il bonus è democraticamente destinato a tutti.  Infatti, non è previsto alcun limite di reddito. Inoltre, il beneficio è riconosciuto anche agli extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo o, di una delle carte di soggiorno per familiari extracomunitari. C’è però una clausola che rende l’impianto del provvedimento simile ad una televendita. È previsto, infatti, un tetto massimo di spesa di 144 milioni di euro. Una volta esaurito il plafond, l’Inps non accoglierà più le domande. Insomma, chi vuole questi soldi deve sbrigarsi a fare la domanda. A partire dalle dieci del mattino del diciassette luglio sui server dell’Inps è prevista una valanga di richieste per ottenere l’agognato sussidio. Ecco lo stato sociale ai tempi di Giorgio Mastrota: l’offerta vale solo per le prime cento telefonate. Manca solo la bici col cambio Shimano o il televisore al plasma. Scherzi a parte, un provvedimento che mirava a sostenere le famiglie è destinato a diventare una patetica farsa. Vediamo perché.

Intanto, come si è detto, non si tiene conto della condizione economia di chi riceve il bonus. Se i soldi erano così pochi perché non riservarli alle fasce meno abbienti? La risposta è semplice: meno beneficiari meno voti. Clientelismo puro mascherato da welfare state. Inoltre, non si sa se il provvedimento sarà strutturale o meno. In pratica, chi salta questo giro potrebbe non ricevere questo benefit pur avendone il diritto. Altra questione, di natura prettamente burocratica, riguarda la certificazione. Chi iscrive il figlio ad un asilo pubblico, per via delle graduatorie, possiede già i documenti per fare la domanda. Chi invece è costretto a sobbarcarsi la retta di un nido privato a luglio non ha ancora nessun pezzo di carta da esibire. Molti, però, credono che solo i ricchi mandano i figli alle scuole private. Niente di più falso. Gli asili pubblici per via dei continui tagli fanno orari ridotti. Ergo una madre che lavora se vuol mantenere il posto ha due alternative: o paga una baby sitter o manda il figlio al nido privato.

Alla luce degli interventi del governo a favore della natalità, c’è ancora qualcuno che si chiede perché gli italiani sono così poco prolifici?

Salvatore Recupero

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Il welfare che non c’è: ecco a cosa rinunciano le famiglie italiane 8 Novembre 2017 - 5:39

[…] di rifondare il welfare ripartendo dalle strutture pubbliche. A nulla, infatti, servono i bonus per le neomamme se poi bisogna spendere metà dello stipendio per pagare la retta di un asilo. Lo stesso discorso […]

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