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Meta System, un altro pezzo dell’industria italiana prende la via della Cina

by Filippo Burla
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meta system sedeReggio Emilia, 2 apr – Non si ferma la lunga marcia del dragone, che mette a segno un altro colpo nei confronti dell’industria manifatturiera italiana. Dopo il caso Pirelli, questa volta tocca all’emiliana Meta System, azienda fondata nel 1973 e leader mondiale nel settore dell’elettronica innovativa per l’automotive.

L’acquirente è la cinese Deren, gigante asiatico da oltre due miliardi di euro di capitalizzazione, che al termine dell’operazione arriverà a controllare il 60% di Meta System. Nonostante le garanzie sul mantenimnento dell’attuale dirigenza per i prossimi cinque anni, Deren avocherà a sé le attività di produzione, marketing e vendita sul mercato di Pechino. La sproporzione è evidente: Meta System ha un fatturato di “soli” 150 milioni di euro, ma è previsto che grazie all’accordo potrà cresce fino a toccare quota 400 entro il 2020.

“Grazie alla joint venture con Deren potremo valorizzare al meglio tutte le sue competenze: tecnologia, prodotti e processi industriali, ottenendo i volumi di vendita necessari per conseguire i risultati economici e finanziari richiesti per operare con continuità”, spiegano da Meta System.

L’interesse della Cina per il settore dell’auto deriva dal fatto che la potenza asiatica negli ultimi quindici anni ha decuplicato la propria produzione, passando dall’ottavo al primo posto nella classifica mondiale, doppiando abbondantemente gli Stati Uniti che mantenegono la seconda piazza. Oggi oltre un quarto del totale di auto prodotte ha origine in Cina, ma sono ancora ampi i margini di crescita. Al fine di presidiare ulteriori fette di mercato è necessario però puntare non solo sulla quantità e sui costi, ma anche sulla qualità.

E qui emergono le difficoltà relative all’ambito ricerca e sviluppo. Vero è che la Cina deposita ogni anno un numero di brevetti tale da superare qualsiasi concorrente, ma allo stesso tempo questo non basta per acquisire il “saper fare” frutto di decenni di studi e perfezionamenti successivi, che rendeno poi i brevetti effettivamente applicabili. Ecco allora le acquisizioni in serie di realtà europee storicamente radicate, che hanno nel tempo creato quel capitale umano necessario all’innovazione. In altre circostanze si sarebbe parlato di capitalismo predatorio. Ora invece si chiama globalizzazione.

Filippo Burla

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