Roma, 19 feb – L’impero finanziario del gruppo De Benedetti rischia di sbriciolarsi a causa della crisi in cui versa Sorgenia unitamente a quella del resto delle attività editoriali controllate dalla Cir (Compagnie Industriali Riunite, il gruppo controllato dal noto imprenditore naturalizzato svizzero).
Sorgenia è gravata da 1,86 miliardi di euro di debiti, di cui 60,7 milioni già scaduti e non pagati a gennaio. Nel dicembre scorso, l’amministratore delegato, Andrea Mangoni, aveva presentato un piano di ristrutturazione che prevedeva il taglio del debito per 600 milioni e moratoria fino al luglio di quest’anno. Ma l’incontro tra le banche creditrici (Mps, Banco Imi, Unicredit, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm, solo le principali) e i vertici della Cir non ha portato ad alcuna soluzione definitiva. La banche chiedono che la famiglia De Benedetti partecipi alla ristrutturazione del debito almeno per la metà, ma la Cir non sarebbe disposta ad offrire più di 100 milioni.
Il rischio è che gli istituti di credito adesso non concedano nemmeno la moratoria e che si sia giunti ad una secca rottura per salvare il salvabile. Le banche in assenza degli obiettivi mancati dal piano industriale non se la sentono di accollarsi delle sicure perdite, in una fase nella quale già non concedono prestiti alle imprese e alle famiglie. E come dargli torto nello specifico, se il socio austriaco Verbund (46%) ha azzerato la sua partecipazione, non volendone più sapere?
La banca più esposta, manco a dirlo, è Mps con 600 milioni di euro, che già di suo ha una situazione finanziaria difficilissima. Rodolfo De Benedetti, primogenito di Carlo, assicura che ci sarebbe in cassa la liquidità sufficiente per il rimborso del bond Sorgenia, ma senza una moratoria l’azienda avrebbe risorse appena per tirare a campare un altro mese.
Ai guai di Sorgenia per la Cir si aggiungono anche quelli di Tirreno Power, controllata al 39%, oberata da 875 milioni di debiti e per i quali ancora non è stata trovata una soluzione con Unicredit.
Il capitalismo “creativo” italiano ci ha già abituato, in passato, a soluzioni che hanno salvato l’insalvabile: basta semplicemente battere cassa allo stato. Nel caso specifico si parla di creare una bad company che metta assieme Sorgenia, E.ON ed Edipower. Quest’ultima è controllata da A2A, società partecipata dal Comune di Milano e dal Comune di Brescia, entrambi a guida Pd. In pratica si ritirerebbe dal mercato una capacità energetica produttiva pari a 12.500 MegaWatt, che verrebbe messa a disposizione del sistema energetico nazionale, per quando le energie rinnovabili non dovessero più bastare. In questo modo, la bad company potrebbe attingere a sovvenzioni pubbliche per 250 milioni di euro, ma che potrebbero arrivare a 700-800 milioni.
I 494 milioni di euro che la famiglia Berlusconi ha sborsato in seguito alla richiesta di risarcimento chiesta dalla famiglia De Benedetti sul caso lodo Mondadori, non sono bastati. Carlo De Benedetti e la sua famiglia per salvare il loro impero dovranno sperare nel governo Renzi.
Giuseppe Maneggio
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