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Se con la crisi le categorie produttive fanno fronte comune

by Filippo Burla
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manifestazione-artigiani-commercianti-roma-300x200Roma, 19 feb – «Riprendiamoci il futuro»: questo lo slogan scelto dagli artigiani, commercianti e piccoli imprenditori scesi in strada a Roma nella giornata di ieri. Più di 50mila persone radunate in piazza del Popolo per chiedere al governo in via di insediamento una decisa svolta nelle scelte di politica economica.

La manifestazione, organizzata da Rete Imprese Italia, ha raccolto le più svariate sigle: Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti. Categorie queste profondamente toccate dalla crisi, con i fallimenti e le chiusure di attività a segnare sempre un saldo negativo. Sono 372mila le attività chiuse nel solo corso del 2013, in una spirale che tocca anche settori tradizionalmente più al sicuro perché orientati anche all’estero, come il turismo dove il calo dell’attività è nell’ordine del 10%. Segni che di fronte ad una domanda interna in depressione, non si riesce ad uscire dal circolo vizioso dell’avvitamento verso il basso.

Svariate le richieste della piazza, che non si limita ad una protesta sterile e fine a sé stessa ma si dota di una base programmatica concreta. A partire dalla questione delle tasse e degli adempimenti: sul banco degli imputati finiscono Tasi, Tari, Imu, Irap, Durc, Sistri. E questo oltre il semplice dato degli aumenti, stante che più dei ritocchi all’insù a giocare una parte importante è il clima di incertezza attorno alle scelte fiscali degli esecutivi. Il downloadballetto attorno all’Imu lo dimostra con efficacia. In secundis, torna ancora il tema del pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni, recentemente accelerati sulla scia delle ultime scelte legislative che però sono ancora lontane dal risolvere l’annoso problema.  In terzo luogo i piccoli imprenditori si focalizzano sulle problematiche del credito: l’accesso è sempre più difficile e le nuove regole europee imposte dall’European Banking Authority rischiano di peggiorare ulteriormente la situazione, con effetti drammatici su quel tessuto di piccole e medie imprese che restano l’ossatura di un’economia nazionale la quale conta per la manifattura almeno il 20% a livello di Unione Europea. Snocciolando ancora i dati, sono 14 milioni i lavoratori addetti direttamente nel comparto, cifra che lievita fino almeno a raddoppiare considerando tutto l’indotto dei servizi e delle catene di fornitura e subfornitura.

Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia, conscio della forza contrattuale che questi numeri danno alle categorie, mette sul piatto la propria sfida: «Al nuovo presidente del Consiglio chiediamo di convocarci subito […] Saremo propositivi ma incalzanti. Saremo dialoganti ma pronti a tornare in piazza, se non avremo concrete e rapide risposte». Parole alle quali si associa Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio: «Siamo stanchi, chiediamo rispetto, meritiamo più rispetto. E’ a rischio la pace sociale, è pericoloso lasciare imprese e famiglie sull’orlo della disperazione».

Lo stesso Sangalli rileva poi un dato importante della manifestazione: «E’ la prima volta nella storia e c’è un motivo, la disperazione». Raramente, infatti, si vedono le categorie -lavoratori compresi, ieri pure presenti a fianco dei titolari- così unite attorno ad un progetto comune o, per lo meno, sulle stesse lunghezze d’onda. Segno che le classiche rappresentanze, sindacali dei lavoratori e datoriali, stanno ormai segnando il passo non riuscendo più a dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini. La sfida dei produttori è lanciata.

Filippo Burla

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