Roma, 22 gen – A partire dal 2008, l’Italia è il Paese che ha conosciuto il più forte declino della situazione sociale per chi lavora: il 12% degli occupati non riesce a vivere con il proprio stipendio. Peggio di noi solo Grecia e Romania (oltre il 14%). Sono questi i dolorosi risultati dell’ “Employment and Social Developments in Europe Review”, il rapporto Ue sull’occupazione.
La ripresa propalata dai vari “salvatori della patria” non è arrivata. Secondo lo stesso rapporto, l’Italia è il Paese europeo in cui è più difficile trovare lavoro per i disoccupati: solo 15 lavoratori licenziati su 100 riescono a trovare un nuovo impiego. In questo campo, nessuno Stato europeo fa peggio di noi. Inoltre qualora si trovasse un nuovo lavoro, molto raramente questo riesce a soddisfare il fabbisogno delle famiglie. Vengono spacciate come dure conquiste ma un lavoro, una casa, la possibilità di farsi una vacanza e vivere con dignità sono dei diritti. Eppure oggi i poveri in Italia, quelli che faticano a pagare affitto e riscaldamento, che non possono permettersi le ferie o una spesa imprevista, sono 18,2 milioni, il 29,9% della popolazione.
Lazlo Andor, il commissario europeo per il Lavoro, ha così commentato la situazione italiana: “In Italia non cresce solo la disoccupazione ma anche la povertà”. “Per una ripresa duratura – prosegue Andor – che non si limiti soltanto a ridurre la disoccupazione, ma faccia anche diminuire la povertà, dobbiamo preoccuparci non solo della creazione di posti di lavoro, ma anche della loro qualità”. I suggerimenti del commissario europeo cozzano però con il fatto l’ Italia a causa del fiscal compact dovrà versare quest’anno all’Europa 45/50 miliardi di euro. Tutti soldi che potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo e l’occupazione.
Se la situazione per l’Italia è tragica, nel resto d’Europa non va meglio, a testimonianza del fallimento delle oppressive politiche economiche di Bruxelles che ha prodotto un’Europa con figli e figliastri: 125 milioni di europei (1 su 4) sono a rischio indigenza. Secondo il rapporto: “Dal 2010 gli stipendi delle famiglie in Ue sono diminuiti, e i cali sono stati particolarmente profondi (oltre cinque punti percentuali in due anni) in Grecia, Spagna, Italia, Irlanda, Cipro e Portogallo”.
Giovanni Cairo