Home » Fattura elettronica: polpetta avvelenata per le piccole aziende e la Pa locale

Fattura elettronica: polpetta avvelenata per le piccole aziende e la Pa locale

by Salvatore Recupero
0 commento

fattura elettronicaRoma, 31 mar – Oggi siamo tutti più digitali. Il rapporto tra imprese e Pubblica amministrazione sarà completamente digitalizzato. È scattato, infatti, l’obbligo di fatturazione elettronica per chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti degli enti pubblici. Nessuna P.a. è esclusa, come chiarito dalla circolare Finanze-Funzione pubblica n. 1/2015 dello scorso 9 marzo. Due milioni di imprese fornitori abituali o occasionali della P.a. entreranno nel nuovo millennio. Le fatture cartacee verranno sostituite con file in formato XLM.

Si tratta di una rivoluzione copernicana per la vecchia e polverosa burocrazia italiana. I giornali economici hanno dato ampio spazio alla notizia. Il quotidiano Italia Oggi, infatti, riporta i numeri forniti dal sito Menocarta.net: “Con questa riforma verranno meno 2,2 milioni di fatture cartacee l’anno, per un importo totale di 135 miliardi di euro. Il risparmio immediato per lo stato sarà di 1,5 miliardi di euro. Ma i benefici effettivi, in caso di digitalizzazione completa dell’intero circolo degli ordini a livello nazionale, potrebbe valere fino a 60 miliardi di euro annui”.

Il nostro premier Matteo Renzi, per l’ennesima volta, è riuscito a entrare nella storia. Certo, i cambiamenti portano alcuni sacrifici. I soliti gufi se ne approfittano per speculare sugli effetti di questa circolare. Intanto sarebbe opportuno ricordare che per le amministrazioni centrali dello stato (ministeri, agenzie fiscali, enti previdenziali), le procedure digitali sono già in essere dal 6 giugno 2014. Forse bastava fermarsi lì. Vediamo perché.

Estendendo, però, lo stesso provvedimento a tutte le amministrazioni pubbliche si va esattamente nella direzione opposta. Il rapporto tra le imprese e la P.a. si complica.

Usciamo, intanto, dalla favola di Matteo nel Paese delle meraviglie per toccare con mano la realtà.

A oggi solo una minoranza dei Comuni ha fatto gli investimenti necessari di aggiornamento informatico per gestire in modo elettronico le fatture che riceverà. Quindi, da oggi le fatture in formato XLM dovranno essere convertite a mano in file leggibili. È opportuno ricordare che il formato XML (sigla di eXtensible Markup Language) è un linguaggio di markup, basato su un meccanismo sintattico che consente di definire e controllare il significato degli elementi contenuti in un documento o in un testo. In pratica, se non sei uno sviluppatore, il file sembra essere scritto con i geroglifici.

Mentre i comuni annaspano di fronte alle difficoltà del digitale, le imprese che erogano servizi a questi ultimi non se la passano meglio.

L’imbianchino, per rifare la facciata del municipio, da oggi dovrà avere un software gestionale per fatturare la propria prestazione lavorativa. Per quest’ultimo vige altresì l’obbligo di conservare a norma un oggetto informatico come la fattura elettronica. Ma il gioco vale la candela?

Sicuramente no. Una partita Iva, già, fa fatica ad arrivare a fine mese a causa di mille beghe tributarie. Figuriamoci se deve pagare qualcuno per fatturare quei piccoli appalti che ottiene dalla P.a..

Le imprese individuali o con pochi dipendenti lasceranno spazio alle ditte più forti che possono permettersi una consulenza digitale. Già le coop si fregano le mani. Con norme di questo tipo estenderanno il loro monopolio anche sugli appalti pubblici della P.a. locale.

Le critiche nei confronti della modalità con cui si sta svolgendo lo switch off digitale arrivano anche da chi non te lo aspetti. Qualche giorno fa Alessandra Poggiani si è dimessa dall’Agenzia per l’Italia Digitale (il dipartimento che cura il passaggio al digitale nell’amministrazione pubblica) per candidarsi alle prossime elezioni regionali in Veneto. La Poggiani, renziana di ferro, lasciando l’incarico si è tolta qualche sassolino dalle scarpe. In un’intervista al quotidiano on line Wired dichiara: “Il 90% delle cose che vengono raccontate non sono vere, il 7% sono presunte e forse solo un 3% è costituito da fatti”. 

Praticamente, l’innovazione digitale renziana è una balla pazzesca. Ma le conseguenze sono reali. I primi a soccombere saranno i mestieri più antichi: muratori, elettricisti, imbianchini, idraulici. Costoro, però, potranno creare una bella start up per garantirsi il futuro. Se qualcuno ha dei dubbi basta un tweet a Renzi e tutto si risolve.

Salvatore Recupero

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati