Roma, 21 mar – L’Italia deve correre ai ripari sul fronte dell’import di grano e mais dall’Ucraina, vista la guerra in corso con la Russia, altro grande esportatore, e puntare all’autosufficienza produttiva. A lanciare l’allarme è Coldiretti.
Grano e mais, l’Italia deve puntare all’autosufficienza produttiva
Dall’Ucraina in Italia arriva appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione. Per un totale di 122 milioni di chili ma anche il 15% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di chili. Sono questi i numeri che emergono dall’analisi della Coldiretti su dati Istat relativi al 2021. Occasione è stata l’annuncio dell’Ucraina di un programma per assicurarsi almeno il 70% dei raccolti di grano rispetto al 2021, nonostante la guerra.
Da Russia e Ucraina arriva l’80% dell’olio di girasole
In ogni caso, quella che riguarda l’import da Russia e Ucraina è un riduzione significativa. Anche alla luce delle difficoltà del commercio internazionale di materie prime agricole. In una situazione peraltro in cui molti Paesi stanno adottando misure protezionistiche. Infatti l’Ucraina insieme alla Russia controlla circa il 29% delle esportazioni mondiali di grano tenero per la panificazione, il 19% del commercio del mais destinato all’alimentazione degli animali negli allevamenti. Nonché circa l’80% dell’olio di girasole impiegato per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell’industria alimentare, oltre che per le fritture.
Coldiretti condanna le speculazioni sui prodotti agricoli
A preoccupare sono le speculazioni che – spiega la Coldiretti – si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli. Dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta. E sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati future uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto.
Una speculazione sulla fame, sottolinea l’associazione degli imprenditori agricoli, che nei Paesi più ricchi provoca inflazione e povertà ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati. Come emerge dall’analisi del Center for Global Development Usa, secondo cui le quotazioni potrebbero spingere più di 40 milioni di persone in tutto il mondo in una “povertà estrema”.
Italia deficitaria su molti fronti alimentari
La situazione ovviamente preoccupa anche l’Italia che è un Paese deficitario su molti fronti per quando riguarda il cibo. La nostra nazione produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo. Ancora, il 51% della carne bovina, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.
Le conclusioni del vertice Ue di Versailles
In una situazione come quella attuale, per sfuggire alle speculazioni sono importanti – sostiene la Coldiretti – le conclusioni della riunione informale tra i capi di Stato e di governo a Versailles. In cui, per sfuggire alle speculazioni in atto sul mercato internazionale la Ue si pone l’obiettivo di “migliorare la nostra sicurezza alimentare. Riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi. In particolare aumentando la produzione di proteine vegetali dell’Ue”. Con l’invito alla “Commissione a presentare quanto prima opzioni per affrontare l’aumento dei prezzi alimentari e la questione della sicurezza alimentare globale”.
Prandini: “In Italia pronti a coltivare un milioni di ettari in più per produrre 7,5 miliardi di chili in più di cereali”
A tal proposito, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini fa presente che “in Italia siamo pronti a coltivare da quest’anno un milione di ettari aggiuntivi di terreno per produrre 7,5 miliardi di chili in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione. Sulla base di contratti di filiera al giusto prezzo necessari per ridurre la dipendenza dall’estero”, precisa. Proprio in questa ottica la Ue ha appena sbloccato 200mila ettari in Italia per la coltivazione.
“Bisogna investire per aumentare produzione e rese dei terreni”
Ma a sentire Prandini, non basta. “Per questo occorre investire – fa presente il numero uno di Coldiretti – per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità. Contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni. E sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.
Adolfo Spezzaferro
2 comments
questo maledetto paese è lasciato allo sbando più totale…
letteramente in mano ai lupi.
e i deficienti dei suoi cittadini continuano a votare gente che DI TUTTO SI OCCUPA
tranne che di governarlo decentemente:
andrà a finire in letame,come è logico….
e dico letame perchè sono un tipo fine.
Articolo che fornisce una quantità enorme di elementi sui quali riflettere.
Mi limito a segnalare la necessità di cominciare a rivoluzionare verso il meglio le nostre Università proprio iniziando dalle Facoltà di Agraria per ridare un senso, un vasto e popolare collegamento costruttivo tra città e campagne.
Mi permetto altresì di esprimere qualche dubbio su quelle percentuali produttivo-alimentari segnalate da Coldiretti; davvero niente di importato e “riciclato nazionalmente”, tipo la bresaola?!