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Gualtieri contro i mulini a vento: “Sugli eurobond consenso crescente”

by Filippo Burla
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Gualtieri eurobond

Roma, 12 apr – Atteggiandosi a metà strada tra Don Chisciotte e amante tradita, dimenticando la scoppola presa su tutta la linea all’ultimo Eurogruppo, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ci riprova. Sul piatto ci sono sempre gli eurobond, bocciati al consesso dei titolari dei dicasteri delle finanze ma che il titolare di via XX Settembre è sicuro possano trovare cittadinanza al prossimo consiglio Ue.

“Noi abbiamo sempre detto – ha spiegato Gualtieri nel corso di un’interviosta concessa al Tg3 – che il Mes non ha la dimensione adeguata per mettere in campo le risorse necessarie, stiamo parlando di un trilione, un trilione e mezzo”. Allora perché farne menzione all’interno del documento finale, che non passa senza il consenso unanime? “Abbiamo detto che non abbiamo bisogno del Mes ma ci siamo impegnati perché offra a tutti i Paesi che ne faranno richiesta, ci sono molti Paesi interessati, delle risorse senza condizionalità”.

Eurobond sì, eurobond no

L’Italia, secondo il titolare dell’Economia, non avrebbe quindi bisogno di adire al Meccanismo. Almeno, non per ora. Da qui parte il rilancio verso gli eurobond: “Abbiamo dalla parte nostra la forza della ragione: riteniamo che emettere titoli comuni per finanziare spese comuni che servono a mettere tutta l’economia europea in grado di affrontare questa crisi senza precedenti sia la cosa più saggia. La proposta italiana sta raccogliendo consenso crescente, è tra le 4 proposte sul tavolo dei leader del Consiglio europeo e lavoreremo intensamente perché questo fondo per la rinascita dell’Europa veda la luce e l’Ue dia una risposta forte all’altezza della sfida Coronavirus”.

Gualtieri dimentica – o finge di dimenticare – che alcune sorte di eurobond già esistono. Il Mes stesso potrebbe essere inquadrato in tale fattispecie, per non dire del Sure o dei prestiti e delle garanzie promesse dalla Banca europea per gli investimenti. Tutti strumenti che fanno della condizionalità il loro tratto distintivo: si tratta di risorse che, a vario titolo, arrivano in prestito, sono vincolate a precisi campi d’azione e dovranno essere restituite fino all’ultimo centesimo.

Non meglio andrebbe in caso di mutualizzazione di future emissioni, garantite da tutti gli Stati dell’Ue. Anzitutto per una questione di tempistiche: nella migliore delle ipotesi servirebbero mesi per definire i tecnicismi dell’operazione e raccogliere sui mercati quanto sperato, mentre le economie alle prese con le chiusure imposte chiedono, per non soffocare, liquidità da subito. In secondo luogo è escluso che, anche in questo caso, si possa prescindere da imposizioni più o meno rigide: se è Bruxelles ad emettere i titoli, sarà sempre Bruxelles a decidere, se non come distribuire le risorse, a che condizioni farlo. L’ennesima, non richiesta, cessione di sovranità all’Ue.

Ammesso e non concesso, in ultimo, che in sede comunitaria si trovi una qualche quadra in tal senso. Hai voglia infatti a parlare di consenso crescente quando basta il “no” di una nazione per bloccare qualsiasi ipotesi. Ogni riferimento all’Olanda – il cui parlamento ha approvato non una ma due risoluzioni, pur non vincolanti, in senso contrario – è puramente intenzionale, ma anche la stessa Germania non ha mai visto di buon occhio questa opzione. La quale potrebbe anche essere riesumata, magari con un compromesso che sarà però necessariamente al ribasso. Depotenziando così uno strumento già di suo poco utile.

Filippo Burla

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1 commento

Cesare 12 Aprile 2020 - 5:31

Forse ha capito che rischia la galera e si arrampica sugli specchi?Secondo un sito “Se fossimo un paese serio: Gualtieri lo ha accettato (il mes) in opposizione al mandato del Parlamento. Ora per lui minimo 5 anni di carcere: Art. 264 CP “Chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all’estero affari di Stato, si rende infedele al mandato è punito […] minimo 5 anni”

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