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Ilva, la terribile ipotesi: ArcelorMittal voleva far fallire il siderurgico?

by Filippo Burla
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ilva altoforno

Taranto, 20 nov – Ordini rifiutati, il magazzino svuotato, le riserve di materie prime al minimo. E la minaccia di spegnere gli altoforni, segnando in pratica la fine dell’ex Ilva. La motivazione? Il mercato dell’acciaio sarebbe in difficoltà. Innegabile, ma allo stesso tempo dal sapore di scusa utile a disfarsi di un siderurgico diventato “pesante” per la nuova proprietà.

Dubbi, indiscrezioni, l’intervento della magistratura: ArcelorMittal ha deliberatamente tentato di far fallire Ilva? E’ questa l’ipotesi che circola in maniera sempre più insistente, tanto da aver costretto il gruppo franco-indiano ad una marcia indietro sui propositi di avviare le procedure di sospensione dell’attività produttiva. Puntando tutto sulla questione dello scudo penale, un bluff già da tempo smascherato.

L’accusa dei sindacati: “Ordini trasferiti altrove”

Il primo punto all’ordine del giorno è quello degli ordini. Ufficialmente l’attività dello stabilimento tarantino sarebbe al minimo a causa di un importare calo della domanda. Pesa la scarsa dinamica del settore dell’auto, che non è però l’unico a chiedere laminati e coils.

Le commesse, d’altronde, non mancherebbero: “Ci sono eccome. La verità è che stanno prendendo il nostro portafoglio clienti per portarlo in altri impianti“, ha denunciato pochi giorni fa al Fatto Quotidiano Francesco Brigati della Fiom. Nessuna vera crisi di domanda, insomma, ma un gioco delle tre carte per far risultare l’Ilva come una sorta di “palla al piede” nelle logiche di gruppo di ArcelorMittal. La quale sembra aver imparato bene la linea di un altro investitore che, da “cavaliere bianco”, si è in pochi mesi trasformato in predone: quella Etihad che prima di abbandonare Alitalia al suo destino non ha mancato di spolparla per bene.

I commissari Ilva: “Riserve al minimo”

Questa mattina i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria hanno compiuto un’ispezione tra magazzini, parchi minerali (in via di copertura con un investimento pari a 300 milioni di euro) e linee produttive del siderurgico. Rilevando un’ulteriore anomalia che fornirebbe la controprova di un atteggiamento quantomeno sospetto.

Stando a quanto osservato, infatti, sarebbero al minimo le riserve di minerali ferrosi necessari ad alimentare l’attività produttiva. La quale, con le attuali giacenze di materie prime, potrebbe proseguire per poco tempo, al più qualche settimana. Circostanza che conferma quanto denunciato nell’esposto depositato nei giorni scorsi alla procura di Taranto: “l’affittuaria ha ricevuto un magazzino del valore di circa euro 500 milioni. Si ha modo di ritenere che l’azienda non abbia al momento giacenze e rifiuta di procedere ad alcun ulteriore acquisto”, si leggeva.

Eutanasia Ilva

Sorge a questo punto il più che fondato sospetto che ArcelorMittal abbia orchestrato una crisi pilotata. Obiettivo far lentamente declinare Ilva, togliendo di mezzo – a beneficio di altri stabilimenti dello stesso gruppo – un importante “concorrente” che ci sarebbe stato infine riconsegnato fortemente indebolito, se non praticamente incapace di reggersi in piedi. Segnando, con la sua morte per eutanasia, la fine della siderurgia tricolore. E quindi dell’Italia industriale.

Filippo Burla

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2 comments

Sergio Pacillo 20 Novembre 2019 - 10:54

La fantasia puó giocare brutti scherzi.

Reply
jenablindata 21 Novembre 2019 - 5:02

in effetti messa così la cosa puzza peggio della carogna di un pescecane.

comunque rimango della mia idea:
è ora che noi italiani ci riprendiamo il controllo di tutte le cosidette industrie e settori strategici…
nonchè la proprietà di tutti i grandi marchi che vengono messi sul mercato:
PRIMA di un acquirente estero,ci deve essere SEMPRE la prelazione per lo stato:
(perchè se è un’azienda che produce utili e lavoro,è da stupidi venderla ad altri.
che si comprino le aziende decotte,se proprio ci tengono….)
poi ne facciamo delle spa controllate al 51% dallo stato
mentre il restante 49% deve finire nelle mani
a CITTADINI ITALIANI….solo a loro:
e chiariamo…
NON ho detto,”in vendita sul mercato italiano”,eh?
quello che dico è che le azioni di queste aziende devono poter essere acquistate o vendute…
SOLO tra risparmiatori o investitori che siano cittadini italiani e residenti in italia, diluendo il più possibile
le quote azionarie disponibili per ogni singolo.

solo così resteranno sotto il nostro ESCLUSIVO controllo…
e contemporaneamente resteranno delle aziende votate al guadagno:
perchè sarà interesse sia dello stato che dei cittadini
farle rendere,visto che il 51% dei dividendi finirà al tesoro,e
il resto ai risparmiatori italiani.

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