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Renzi: “Il capitalismo di relazione è morto”. E con esso l’industria italiana

by Filippo Burla
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renzi borsa capitalismo di relazioneMilano, 4 mag – La platea è quella di Borsa Italiana, la prima volta del premier Matteo Renzi a Palazzo Mezzanotte, in Piazza degli Affari. Una platea gremita di imprenditori, manager di grandi società italiane, investitori e operatori del mercato finanziario.

Non poteva esservi uditorio migliore per annunciare un intervento, da tempo allo studio, che sembra finalmente vedere la luce. Stiamo parlando delle sofferenze bancarie, incagli che nonostante le politiche ultra espansive -dal Ltro al quantitative easing, passando dai Tltro- della Bce e gli aiuti fiscali concessi, strozzano alla fonte l’erogazione. “Nelle prossime settimane i passaggi sulle sofferenze e sugli elementi tesi a mettere il nostro sistema bancario nelle stesse condizioni degli altri Paesi troveranno concretizzazione”, ha detto Renzi, spiegando che “ci sta lavorando il ministro Padoan”. Nei mesi scorsi si era parlato di una garanzia pubblica sui crediti, idea che potrebbe venire riproposta. A meno che non si punti direttamente alla creazione di una bad bank partecipata dal ministero dell’Economia, che si accolli parte delle passività scaricando il peso delle scelte sbagliate dei dirigenti bancari sulle spalle dello Stato.

L’uditorio non poteva poi essere migliore, a maggior ragione, per celebrare anche un funerale. Quello del capitalismo familiare: “Il capitalismo di relazione ha prodotto molti effetti negativi, è morto e voi -dice Renzi, riferendosi agli imprenditori- dovete aprire le vostre aziende, magari passare dal 100% a molto di meno, senza preoccuparvi di lasciare tutto ai vostri figli, ma aprendovi a realtà più grandi”. Che abbia prodotto effetti negativi è indubbio. Le numerose concessioni fatte dallo Stato a sostegno di una imprenditorialità spesso incapace si sono molte volte tradotte in contributi a fondo perduto. Citare la Fiat ante-Marchionne è ormai banale, ma basti pensare anche alle svendite condotte in epoca di privatizzazioni, che si sono tradotte molto spesso in clamorosi fallimenti.

Il capitalismo di relazione è però anche altro. E’ quel capitalismo che ha prodotto il miracolo economico, quel capitalismo nell’ambito del quale sono nati e han trovato terreno fertile per consolidarsi i distretti industriali, che al di fuori delle relazioni personali -e non finanziarie, che svolgono un ruolo diverso- non sarebbero mai potuti sorgere. I distretti stessi, negli ultimi anni, nonostante la crisi e la totale assenza di politiche industriali, hanno comunque consolidato la propria presenza, pur diminuendo di numero, rappresentando ancora una realtà essenziale del nostro tessuto produttivo: comprendono circa il 22% della popolazione italiana ed oltre un terzo dell’occupazione manifatturiera, oltre ad aver fatto segnare risultati positivi in termini di crescita, +0.9% nel 2014 (a fronte della caduta del Pil a -0.4%), con la previsione di centrare un risultato vicino al +3% quest’anno.

Difficile, di fronte ai risultati, parlare di un modello negativo o retrogrado. E’ lo stesso Renzi, tuttavia, a tradire le proprie finalità: l’obiettivo, ha spiegato, è quello “di attrarre capitale straniero“. Nulla di nuovo sul fronte industriale: la cessione della nostra manifattura è già cominciata da tempo. E Renzi non nega di svolgere il ruolo del curatore fallimentare.

Filippo Burla

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