Genova, 8 lug – In Liguria le infrastrutture versano in uno stato pietoso. La situazione non è molto diversa nelle altre regioni d’Italia, ma a Genova si vive in uno stato d’emergenza da mesi. E non è neanche bastata la ricostruzione a tempo di record del ponte Morandi per risollevare la regione.
La ricostruzione del ponte Morandi come esempio
Sono passati quasi due anni dal crollo del viadotto Polcevera (noto anche come ponte Morandi o ponte delle Condotte). Era il 14 agosto del 2018 quando la sezione del ponte che sovrasta la zona fluviale e industriale di Sampierdarena, lunga circa 250 metri, crollava insieme al pilone occidentale di sostegno (pila 9) provocando 43 vittime fra gli automobilisti che transitavano e tra gli operai presenti nella sottostante area. La città di Genova rimaneva divisa a metà. Una ferita difficile da rimarginare.
Tutti credevano che sarebbe servito tanto tempo per ricostruire ciò che era distrutto. In realtà le cose sono andate diversamente. In soli 20 mesi la ricostruzione è quasi completata. La ricetta di questo successo è semplice: non applicare le regole vigenti. Una procedura ordinaria avrebbe richiesto progettazione, verifiche gare d’appalto e ricorsi vari. La ricostruzione del Polcevera ha seguito un iter diverso: nomina di un commissario unico (il sindaco del capoluogo, Marco Bucci), assegnazione diretta alle ditte esecutrici e un finanziamento destinato ad un progetto specifico. È stato un successo che però resta un’isola felice in un caos che non risparmia neanche i porti, e soprattutto quello di Genova.
Cosco “sconsiglia” il Porto di Genova
La città della Lanterna ha ricevuto un brutto colpo nei giorni scorsi. La compagnia marittima cinese Cosco ha inviato ai suoi clienti una missiva sconsigliandoli vivamente di utilizzare il porto di Genova per le proprie spedizioni e suggerendo scali italiani alternativi. Una vera e propria batosta. Stiamo parlando di un colosso che è il terzo operatore mondiale dei container, davanti ai francesi di Cma Cgm e alle spalle del leader danese Maersk Line e della compagnia svizzera Msc (Mediterranean Shipping Company). Cosco ha sede a Pechino, la sua flotta è composta da più di 800 navi per un tonnellaggio complessivo che supera 56 milioni di tonnellate.
Il Sole 24 Ore ha intervistato Marco Donati (direttore generale della compagnia cinese in Italia), il quale ricorda che “la società cinese è presente a Genova dal lontano 1963”. Secondo il dirigente “è la prima volta che ci troviamo a gestire una simile emergenza. I camion non riescono a entrare nel porto, il casello di Genova Ovest bloccato nelle ore cruciali ed i container fermi da giorni sui piazzali perché il cliente non può ritirarli”. Il colosso asiatico vale il 7-8% del porto di Genova. Anche Federlogistica-Conftrasporto lancia un appello per salvare quello che è il principale sistema portuale italiano. Così Luigi Merlo, presidente della Federazione della logistica: “Il sistema portuale della Liguria rappresenta quasi il 50% del traffico container di “destinazione finale”, motore indispensabile per le attività di export delle imprese del nord ed è il primo sistema portuale per il crocierismo, settore che deve essere messo subito in condizione di ripartire. Negli ultimi 20 anni i tre porti liguri sono cresciuti tantissimo mentre la viabilità non solo non è accresciuta, ma è peggiorata”. Il riferimento ad Autostrade per l’Italia è puramente voluto.
Autostrade nel caos
La crisi del sistema viario della Liguria è dovuto ai lavori finalizzati a mettere in sicurezza svariati tratti autostradali. Negli ultimi giorni la situazione è peggiorata per l’aumento dei volumi di traffico dovuti alla fase post confinamento. Gli amministratori locali e le associazioni di categoria chiedono spiegazioni al governo. La risposta è sempre la stessa: è una questione di sicurezza. Così almeno sostiene il ministro dei Trasporti Paola De Micheli. In una nota su Facebook la De Micheli precisa: “Non potevamo rinviare i controlli, come qualcuno ci chiede, perché non si può mettere tra parentesi la sicurezza. Per la Liguria vogliamo la sicurezza che non accada più quello che purtroppo è avvenuto nel passato: quando è stato pagato un tributo inaccettabile”. E chi potrebbe darle torto? Sulla tempistica, però, è lecito chiedersi perché gli interventi non sono stati fatti prima. Forse in inverno le autostrade erano più sicure? Difficile da credere. Come possiamo uscire, dunque, da questa emergenza? Semplice: basta non applicare la procedura ordinaria come è stato fatto per la ricostruzione del ponte Morandi. La burocrazia è il peggior nemico dell’efficienza.
Salvatore Recupero