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Volterra: 200 lavoratori a rischio nel capitalismo “aperto” di Renzi

by Francesco Meneguzzo
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management della multinazionale Schlumberger, padrona della Smith Bits di Saline di Volterra

Volterra, 6 mag – Più che l’ipocrisia del governatore Pd della Toscana Enrico Rossi, preferiremmo che andasse in scena il premier Matteo Renzi a declamare le sorti magnifiche e progressive del capitalismo “aperto”, di fronte ai cancelli della Smith Bits di Volterra, azienda di alta tecnologia nel settore delle prospezioni per il petrolio e il gas, di cui la proprietà sovranazionale ha deciso la chiusura.

Perché i 200 dipendenti, e le rispettive famiglie, del ramo volterrano della gigantesca multinazionale Schlumberger, nel cui management compare forse un solo nome italiano (e  non in primo piano – immagine a fianco), si sentono davvero molto “aperti”, ma in un senso evidentemente indicibile.

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Crollo delle quotazioni azionarie della Schlumberger

Perché Schlumberger vuole chiudere un gioiello come la Smith Bits? Il Financial Times l’aveva annunciato alcune settimane fa: la multinazionale intende tagliare ulteriori 11 mila nuovi posti di lavoro in giro per il mondo, in conseguenza della crisi delle prospezioni petrolifere, in particolare negli Usa, a sua volta conseguenza del crollo del prezzo del petrolio dai massimi di oltre 100 dollari al barile dello scorso giugno ai minimi di 45 dollari del gennaio 2015 (ora si attesta in prossimità di 60 dollari), con conseguente abbattimento del valore azionario della capofila (grafico a fianco).

Una logica inappuntabile dal punto di vista del “capitalismo aperto” invocato da Renzi in contrapposizione a quello “di relazione”, che secondo lui tanti danni avrebbe prodotto e sottintendendo le presunte virtù dell’internazionalizzazione della proprietà delle imprese, rispetto alla quale farebbe sorridere – se la questione non fosse tanto tragica – la pantomima di Enrico Rossi, degnamente accompagnato dal resto del grottesco Pd toscano e dagli sconvolti impotenti sindaci della zona, che arriva a stabilire il quartier generale della Regione per le vertenze industriali proprio a Volterra e, comicamente, a invocare la Costituzione e la fondazione dell’Italia sul lavoro: “Le ragioni del mercato – sostiene il Presidente della Regione Toscana e candidato alla rielezionenon possono spingersi fino alla completa deresponsabilizzazione nei confronti del territorio. Non lasceremo che le logiche di un capitalismo cinico lascino per la strada, impoverendola, un’intera area della Toscana. Il tema della responsabilità sociale d’impresa, che tanto piace alle multinazionali, non può essere solo un argomento di marketing quando le cose vanno bene, deve essere un tratto distintivo delle imprese serie”. Chi sa cosa ne pensa invece il suo storicamente acerrimo nemico Matteo Renzi, dal momento della cui scalata al potere l’eroico governatore toscano, cresciuto a pane e apparato di partito, non ha osato più rivolgere una parola storta.

Così come non possono non tornare alla memoria altre drammatiche vicende di crisi industriali e occupazioni, tra cui per esempio la ISI di Scandicci, a suo tempo illusa e abbandonata dallo stesso Rossi insieme al centinaio di dipendenti e alle linee per la produzione di pannelli fotovoltaici resa inutile dal simultaneo divieto della Regione di installarne i prodotti per ragioni paesaggistiche. Forse, l’unica colpa di quella vicenda fu la lontananza dalle elezioni regionali?

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Il candidato della Lega Nord alla presidenza della Toscana, l’economista Claudio Borghi Aquilini, a Volterra insieme a Matteo Salvini

Sull’altro versante, i candidati di centro-destra alla presidenza della Toscana hanno colto l’occasione per attaccare Enrico Rossi, da Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia a Giovanni Lamioni del Patto dei Civici e dei Popolari, e soprattutto a Claudio Borghi Aquilini, candidato per la Lega Nord, che insieme a Matteo Salvini si è recato a Volterra il primo maggio, cambiando il programma già stabilito. “Uno Stato degno di questo nome deve farsi rispettare”, ha sostenuto Borghi, aggiungendo che “per noi le chiusure immediate di multinazionali che lasciano dietro di sé solo macerie dovrebbe essere un problema indirizzato molto prima dell’Italicum. Sto rivedendo ancora situazioni come quelle della Trw di Livorno, che era quella che aveva ispirato dopo la mia candidatura”, conclude il candidato ed economista della Lega, “direi che possiamo anche dire basta. Uno Stato degno di questo nome si fa rispettare sia con degli indiani che rapiscono due militari sia con delle multinazionali che arrivano, prendono ogni tipo di benefici e quando si svegliano male chiudono”.

Da una parte, quindi, l’abdicazione dello Stato rispetto alle sue funzioni essenziali, dall’altra la consapevolezza che quando la “testa” di un’impresa industriale si perde nelle scatole cinesi di una organizzazione senza nazionalità non solo ci si ritrova alla mercé di decisioni insindacabili, ma non è nemmeno possibile rintracciare un interlocutore diretto. A meno che Enrico Rossi prenda l’aereo e si metta a girare per il mondo sperando di essere ricevuto da “Mr. Schlumberger”, chiunque e dovunque egli sia.

Francesco Meneguzzo

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1 commento

Fabio Lugano 6 Maggio 2015 - 1:31

“Capitalismo di relazione” ahaha
su Scenarieconomici ho scritto un breve articolo su tutti quelli che hanno trovato cadrega grassa grazie alla “Relazione specifica” con Renzi.
Lui parla di “Capitalismo di relazione” perchè ne è un grande esperto.

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