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Stellantis: in Italia crescono solo i cassintegrati

by Salvatore Recupero
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Stellantis

Roma, 6 giu –  Stellantis ha deciso di tirare il freno a mano. La multinazionale nata dalla “fusione” tra la francese Psa e Fiat Chrysler Automobiles (in realtà un’acquisizione dei primi a danno dei secondi) ha annunciato che nello stabilimento di Melfi più di mille dipendenti saranno in cassa integrazione. Il provvedimento coinvolgerà a rotazione un dipendente su sette dal primo fino al 27 giugno. Inoltre, ad agosto l’intero sito sarà chiuso per ferie. Il motivo è semplice: non c’è lavoro. Almeno così dice l’azienda.

La produzione di Stellantis non riparte

Secondo Stellantis c’è un surplus di manodopera rispetto alla domanda di autovetture. La situazione è particolarmente grave. Anche i sindacati hanno sottolineato la “drammatica situazione di mancanza di giornate lavorative soprattutto sulla linea della Jeep Renegade e 500X”. I rappresentanti dei lavoratori spiegano di aver limitato danni ottenendo un “calendario delle fermate che, a differenza di maggio, prevede una distribuzione più equa su tutti i turni collettivamente ed inoltre le fermate singole saranno esclusivamente sul primo turno”. Una magra consolazione, ma forse non si poteva ottenere di più. Anche perché il problema non riguarda solo la Basilicata.

A Pomigliano d’Arco il 36% degli addetti è in cig. Nel sito napoletano tutti aspettano a produzione della Alfa Tonale per sbloccare la situazione. Poi c’è Cassino con i dipendenti che usufruiscono di cassa Covid fino alla fine di giugno. A Grugliasco la produzione prosegue a singhiozzo.

È solo colpa della carenza di microchip?

A complicare le cose c’è stata anche la carenza di semiconduttori che ha colpito molte case automobilistiche. L’avvento della pandemia, con il conseguente lockdown, ha fatto crescere la domanda di microchip. Stiamo parlando di un elemento tanto piccolo quanto importante. Esso trasmette le informazioni (o gli input) per far funzionare una miriade di dispositivi elettronici dallo schermo di uno smartphone al cruscotto di una autovettura. La produzione di quest’ultimi non ha soddisfatto la richiesta.

Senza semiconduttori tutte le case automobilistiche hanno dovuto rallentare la produzione. Questo tsunami non ha risparmiato nessuno: Ford, Mercedes, Volkswagen e ovviamente anche Stellantis. Tuttavia pensare che i tagli alla produzione siano dovuti solo a questo sarebbe superficiale. Nessuno nega un problema che ha sconvolto l’economia globale. Tuttavia non possiamo dimenticare quanto è avvenuto qualche mese prima.

L’Italia è troppo costosa

Già a febbraio, infatti, l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares (in visita agli impianti italiani) nel corso di un incontro con le parti sociali avrebbe individuato nei loro eccessivi costi un fattore di debolezza. Specie se confrontati con quelli delle altre nazioni in cui la neocostituita società opera. Insomma, non eravamo partiti con il piede giusto. Anche se fossimo inondati di microchip i francesi considererebbero i siti italiani una palla al piede.

Tuttavia, i successivi incontri con i sindacati avevano contribuito a distendere il clima. Ad aprile il segretario dell’Ugl Metalmeccanici Antonio Spera aveva chiesto “un confronto sul piano industriale in vigore e sulle nuove strategie vista la situazione difficile di tutto il settore”. Stellantis si era dimostrata disponibile. Questo però non basta. Secondo il dirigente sindacale la politica deve stare “al passo sulle profonde trasformazioni in atto per rendere e supportare tutti i nostri siti automobilistici Italiani competitivi con le altre potenze industriali, che si stanno attrezzando per vincere la concorrenza internazionale e per garantire tutti i livelli occupazionali: ne va di mezzo il sistema industriale e produttivo dell’intera nazione”. Spera auspicava, infatti, un impegno diretto del governo che non c’è stato.

Il prossimo round di questa difficile partita sarà probabilmente a Torino a metà giugno. L’incontro tra l’azienda e i rappresentanti sindacali dovrebbe focalizzarsi sulle linee di produzione dello stabilimento lucano. Pare che i sindacati (con notevole pragmatismo) siano pronti anche all’accorpamento di quest’ultime per ottimizzare i costi. La dirigenza a quel punto non avrebbe più scuse. La multinazionale può permettersi qualche concessione anche perché in altre nazioni sta ampliando il suo organico.

Stellantis assume ovunque, tranne che in Italia

In particolare il gruppo guidato da Tavares cerca 500 nuovi dipendenti per lo stabilimento di Poissy, (uno stabilimento a marchio Psa). In questo caso si tratta di personale specializzato in sistemi di cybersicurezza. Sono anche richiesti manager e ingegneri ad Auburn Hills, quartier generale di Fca negli Usa dove vengono prodotto auto Chrysler. Stellantis cerca anche nuovi collaboratori in Germania e in India. E anche l’Italia avrà la sua parte: si sono liberati quattro posti nel modenese. Non è uno scherzo: si tratta delle offerte di lavoro pubblicate su Linkedin.

Ovviamente, settecento assunzioni su 400mila dipendenti non sono nulla, anche perché si tratta di personale altamente specializzato. Ciò che ci preoccupa è il probabile ridimensionamento della nostra industria automobilistica. Gli unici italiani che hanno tratto giovamento dalla fusione da cui è nata Stellantis fanno parte della famiglia Agnelli. I nuovi arrivati, a quanto pare, seguiranno l’esempio dell’Avvocato: con la cassa integrazione continueranno a privatizzare gli utili socializzando le perdite. I lupi, come gli Agnelli, perdono il pelo ma non il vizio.

Salvatore Recupero

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