La rilevazione, condotta dall’osservatorio “Comune che vai Fisco che Trovi”, osservatorio sulle tasse della Cna – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa. Se la pressione fiscale “ufficiale” e complessiva si colloca al 43-44% – ma la reale tocca almeno il 50% – quella che grava sulle imprese è decisamente più elevata: nel 2015 il peso complessivo del fisco – la cosiddetta total tax rate – ha toccato il 61% (60.9% per la precisione), stabile rispetto all’anno precedente ma di quasi 20 punti superiore rispetto alla media europea.
A pesare è, in tempi di tagli ai trasferimenti agli enti locali, la selva di adempimenti fiscali imposti da questi ultimi, che hanno generato una pletora di balzelli, fra addizionali e regole diverse da comune a comune e da regione a regione, per far quadrare i propri conti gravati dalla scure governativa. Ecco come si spiega la forte disparità di trattamento entro cui quel 61% di tasse calcolato dalla Cna si colloca: si passa dal 73.2% di Reggio Calabria e dal 71.9% di Bologna al 54.4% di Gorizia. Per fare un paragone: se sullo stretto si lavora fino al 24 settembre per soddisfare il fisco, al confine con la Slovenia gli imprenditori “smettono” di pagare le tasse a metà luglio.
Filippo Burla