L’ex ministro ricorda di quando, a New York, sia lui che Noam Chomsky invitarono i progressisti americani a “turarsi il naso con una mano e votare Clinton con l’altra”. L’esponente greco cita anche la “posizione unanime della sinistra” nel 2002, che prevedeva di votare Chirac contro Le Pen senior. E si chiede: “Marine Le Pen è veramente un’opzione meno inaccettabile di suo padre? Emmanuel Macron è peggio, dal punto di vista della sinistra, di Jacques Chirac nel 2002? E se non è così, perché alcuni leader di sinistra rifiutano oggi di sostenere Macron contro Le Pen? Per me è un vero enigma?”. Palpabile il messaggio a Mélenchon, che peraltro, sia pur in maniera indiretta e contorta, ha fatto capire che forse Macron lo voterà davvero, sia pur senza nominarlo esplicitamente.
L’ex ministro, bontà sua, riconosce che “gli elettori progressisti francesi hanno tutte le ragioni di essere in collera con Macron”, ma aggiunge, secco: “Mi rifiuto di far parte di una generazione di progressisti europei che avrebbero potuto impedire a Marine Le Pe di guadagnare la presidenza francese ma non l’hanno fatto. È per questo che scrivo questo articolo: per sostenere senza equivoco la candidatura di Macron al secondo turno”. Ma non si tratta solo di logica del male minore: fra l’ultraliberista e il presunto socialista c’è stato amore a prima vista. “Nel corso del mio mandato da ministro delle Finanze in Grecia, all’inizio del 2015, Emmanuel mi ha rivelato un lato di lui che pochi progressisti conoscono”. Macron, dice, sarebbe stato il solo ministro europeo a mobilitarsi per aiutare la Grecia. Un banchiere dal cuore d’oro, insomma. O forse un socialista dalla faccia di bronzo.
Adriano Scianca