
Con l’arrivo di Tsipras, la sinistra di lotta e di governo sembrava voler cambiare radicalmente marcia. Stop alle cessioni, stop all’austerità. Era il gennaio 205, ma già il mese successivo arrivava la prima marcia indietro: si continuerà, anche se a condizioni diverse. Venne poi il referendum, il voltafaccia del premier e il nuovo pacchetto di aiuti, per sbloccare il quale il parlamento della Germania aspettò che fosse pubblicato in gazzetta ufficiale il decreto con il quale 14 aeroporti locali venivano dati in gestione alla tedesca Fraport.
Ora la Grecia è di nuovo alle prese con l’arrivo di un ulteriore tranche del prestito internazionale, 86 miliardi di euro sui quali si sta cercando di trovare la quadra. Dalla Germania – sempre – arrivano ancora forti pressioni: il piano di cessioni deve riuscire a racimolare almeno 50 miliardi nei prossimi anni, altrimenti niente via libera. C’è da fare in fretta e la vittima sacrificale designata è il porto del Pireo. Nella giornata di oggi l’Hellenic Republic Asset Development Fund (l’agenzia per le privatizzazioni) ha firmato un accordo – presente lo stesso Tsipras – con la cinese Cosco per la cessione del 65% dello scalo marittimo di Atene. Cosco – che già controlla interamente una banchina del porto – acquisterò inizialmente il 51%, per poi salire al 67% fra cinque anni, al termine degli investimenti che si impegna ad eseguire.
Il corrispettivo pattuito per la (s)vendita del pacchetto di maggioranza del Pireo è pari a 368.5 milioni: 280.5 subito, i restanti al termine del quinquennio per il 16% aggiuntivo. Poco più di una manciata di noccioline per il primo porto in Europa (terzo al mondo) per passeggeri in Europa, nonchè uno dei più grandi scali merci d’Europa e il maggiore nel mediterraneo orientale.
Filippo Burla