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Regine e ministri contro l’immigrazione: si sta svegliando anche il nord Europa?

by Emmanuel Raffaele
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_ttd8747-editRoma, 26 ott – Può succedere di dire una cosa ovvia ed osservare la stampa scatenarsi contro di te? Può succedere, eccome, se non ti allinei al “vangelo immigrazionista“. Abbiamo visto cosa è successo a Gorino, piccolo in provincia di Ferrara, dove i cittadini hanno fatto le barricate (ed hanno vinto) contro l’arrivo di una ventina di clandestini da paesi in cui non c’è guerra come la Nigeria e la Costa d’Avorio. Contro di loro è partita la campagna d’odio delle élite contro il proprio popolo (quello stesso odio denunciato da Adriano Scianca nel suo libro, “L’identità sacra”). Alfano: “quella non è Italia”. Il prefetto ed il sindaco: “abitanti si vergognino”. Il “simpaticissimo” vignettista Vauro: “puzza di merda da Gorino” e giornali vari al seguito. Come se la legge fosse sospesa, i confini aboliti e lo Stato abbia perso la sua autorità, ma solo e soltanto rispetto agli immigrati. Quanto agli italiani, infatti, lo Stato, le frontiere e le leggi sono più duri che mai e lo sa bene, tra i tanti, Simone Di Stefano, vicepresidente di CasaPound, arrestato per aver difeso una famiglia, due anziani, tra cui un disabile, da uno sfratto a Roma, dalla giunta Cinque Stelle, a parole contro gli sfratti, nei fatti persa a cercare complotti nei frigoriferi lasciati per strada e negli assessori cacciati uno dopo l’altro.

E mentre la stampa italiana era concentrata a gettare fango su Ferrara, quella internazionale, nelle ultime ore, aveva invece trovato un altro argomento per mantener vivo lo spettro del razzismo. Il ministro norvegese per l’integrazione, Sylvi Listhaug, ha infatti osato postare sui social: “Credo che chi arriva in Norvegia dovrebbe adattarsi alla nostra società. Qui mangiamo carne di maiale, beviamo alcol e mostriamo il nostro volto. Dovete rispettare i valori, le leggi e le regole che esistono in Norvegia quando venite qua”. Decine di migliaia di likes e le opposizioni scatenate contro un’affermazione che dovrebbe essere pacifica: chi arriva deve rispettare i valori e le regole di chi ospita. E invece no. All’Europa non è più permesso avere valori e leggi proprie. Del resto, quando mesi fa un ministro francese aveva affermato che la Francia è un paese a prevalenza bianca c’era stata un’analoga contestazione. Semplicemente, l’Europa non deve esistere, etnicamente, eticamente, culturalmente. Il sogno immigrazionista è proprio questo. Integrazione, per costoro, significa questo: sostituzione.

“Ciò che ho detto”, ha spiegato il ministro in seguito alle polemiche, “è che mi aspetto che chi arriva in Norvegia si adatti al mercato del lavoro norvegese. Si tratta di accettare che dovrai servire maiale se lavorerai in un ristorante, o alcol se lavorerai in un bar. Ed allo stesso modo, non potrai andare ad un colloquio di lavoro in pantaloni da tuta o con un copricapo in testa”. Insomma, niente di scandaloso, anzi. Eppure criminologi, giornalisti, oppositori sono riusciti a trasformare l’uscita della Listhaug in un’uscita razzista, invitandola a riconsiderare la sua posizione, in nome della libertà – mai contestata – di ciascuno di mangiare ciò che gli pare (e chi mancherebbe!).

In Norvegia, segnala peraltro “The Indipendent”, ben 31.150 persone hanno chiesto asilo politico in Norvegia nel 2015; soltanto 1.200 nei primi tre mesi del 2016, dopo il rafforzamento dei controlli alle frontiere e gli incentivi finanziari per dissuadere i rifugiati a rimanere. Insomma, l’immigrazione di massa si può contrastare, basta volerlo e capire che è necessario. Finché avremo un governo complice, che si maschera dietro le ragioni umanitarie, fare qualcosa non sarà possibile. Ed i numeri che certificano l’invasione prossima, in tal caso, sono chiari. Quelli che annunciano la sostituzione, altrettanto.

Ed a comprendere le ragioni del no all’immigrazione sembra esserci anche la regina danese Margherita II che, dopo aver negato che la Danimarca sia un paese multiculturale, in un libro dal titolo “Le radici più profonde”, ha affermato: “Credevamo che questo genere di cose si aggiustassero da sole. Che bastasse passeggiare per le strade di Copenhagen e bere l’acqua pubblica per diventare un danese. Per noi erano cose ovvie e abbiamo pensato che dovessero esserle anche per chi si è stabilito a vivere qui. Ma non lo era. Se non riesci ad esprimere i tuoi valori è difficile dire agli altri in che cosa consistano”.

Ma non serve andare tanto lontano: le ragioni dello stop sono nelle nostre periferie, nelle nostre città, nella gente criminalizzata se protesta, negli arrivi che non si arrestano, nei torbidi traffici e nello sfruttamento dei migranti, nella nostra identità che muore per far posto alle altre, quando l’esterofilia, da noioso vezzo snob di pochi, è diventato il comandamento criminale di chi ci governa a tutti i livelli.

Emmanuel Raffaele

 

 

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