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Parametri zero, blocco italiano e dieci scudetti: la stella di Giuseppe Marotta

by Marco Battistini
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Roma, 4 mag – Dove nasce lo scudetto della seconda stella interista? Per molti dalla maggior consapevolezza della propria forza maturata nei giocatori con la finale di Champions del 2023. Secondo qualcun altro l’uomo in più del ventesimo tricolore siede invece in panchina. Simone Inzaghi, allenatore cresciuto esponenzialmente e trasformatosi da asso di coppe a polverizzatore del campionato. Non c’è due senza tre, aggiungiamo noi. Sì, perché tra i segreti del ciclo interista dobbiamo considerare anche Giuseppe Marotta. Ovvero colui che tra metodo di lavoro e intuizioni di calciomercato risulta essere il vero promotore della rinascita nerazzurra, di un ambiente a lungo depresso dopo l’esaltazione generale del triplete di mourinhana memoria.

Una carriera in crescendo

Classe 1957, l’attuale amministratore delegato del Biscione inizia la carriera da dirigente – poco più che maggiorenne – come responsabile nel settore giovanile del Varese, compagine della città natale. Promosso tra i grandi, tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi del decennio successivo lavora per Monza, Como e Ravenna. La prima, importante, illuminazione di mercato risale proprio al periodo giallorosso: un giovane Christian Vieri.

Dai mosaici bizantini alla laguna. Il Venezia conquista la Serie A, salvandosi poi grazie alle giocate del colpo marottiano Alvaro Recoba. Un buon biennio a Bergamo, quindi – dal 2002 al 2010 – alla Sampdoria. Giuseppe Marotta prende i blucerchiati in cadetteria accompagnandoli fino ai preliminari di Champions League.

La Juventus di Giuseppe Marotta

Crescere continuamente, ma senza farsi prendere dalla fretta di arrivare. Potrebbe essere riassunto così il Marotta-pensiero diventato nel tempo un vincente metodo di lavoro. Concetti che nell’estate del 2010 gli valsero la grande chiamata, quella della Juventus. Sotto l’ombra bianconera della Mole il direttore generale, dopo qualche mese di assestamento, compie il salto di qualità. Affida la panchina a un emergente e carismatico Antonio Conte, conferma il blocco italiano della Vecchia Signora (a partire dal muro della BBC), si assicura senza spendere un euro il cartellino un certo Andrea Pirlo.

Il risultato è uno scudetto atteso nove anni – nel mezzo anche il ciclone Calciopoli – impreziosito dal rotondo zero alla voce sconfitte. Sarà il primo di otto affermazioni personali consecutive. Alle quali vanno aggiunti il primato di punti – 102 – ancora imbattuto, quattro doppiette nazionali (leggere alla voce Coppa Italia) e due finali di Champions. Qualcosa si incrina nell’estate del 2018, ovvero nei mesi dell’arrivo di Cristiano Ronaldo. Un passo più lungo della gamba secondo Giuseppe Marotta – almeno a livello economico e finanziario.

L’Inter dei parametri zero

Ma al di là dell’affare CR7 il ciclo juventino è – lavorativamente parlando – terminato. Saluta la Vecchia Signora in autunno per incontrare, poche settimane dopo, l’eterna rivale. Il 13 dicembre 2018 diventa così amministratore delegato dell’Inter. Dove porta nuovi comandamenti e la sua pragmatica mentalità. Oltre alla sicurezza rappresentata da Conte. La Beneamata torna competitiva e al secondo tentativo è già scudetto. Ma dopo la prima faraonica campagna acquisti il dirigente lombardo dovrà fare i conti con i paletti economici imposti dalla famiglia Zhang. L’incontentabile tecnico salentino saluta e – come già successo nel capoluogo piemontese con la scelta di Allegri – Marotta opta per un allenatore decisamente più aziendalista.

L’Inter di Simone Inzaghi, che dopo aver fatto incetta di coppe nazionali si è tolto la soddisfazione di (stra)vincere un tricolore, è l’ennesimo capolavoro marottiano. Vende a peso d’oro (alla Juve fu Pogba, sotto la Madonnina Lukaku e Onana) e rilancia la linea italiana. Ma soprattutto sfrutta – insieme al direttore sportivo: in bianconero Paratici, ora l’altrettanto fidato Ausilio – ogni occasione del mercato.

Giuseppe Marotta: “Mi occuperò dei giovani”

Chiamatelo l’uomo dei parametri zero. Calhanoglu, Mkhitaryan e Thuram. Solo per citare tre pilastri della seconda stella interista. Giuseppe Marotta intanto è al decimo scudetto da dirigente, stacca Boniperti (nove) e allunga su Galliani – fermo a otto. Ha già annunciato il suo addio al Biscione per il 2027 e, come in un cerchio che si chiude, tornerà ad occuparsi di giovani. Con l’augurio che sia l’ennesima scelta professionale azzeccata: il futuro del calcio italiano ha ancora bisogno delle sue intelligenti intuizioni.

Marco Battistini

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