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Immigrazione: per evitare i morti ci sono solo due strade. Anzi, una

by Adriano Scianca
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immigrati1Roma, 22 apr – Il caos migratorio che stiamo vivendo in questi mesi è frutto di una contraddizione di fondo. Da una parte, infatti, continuiamo ad avere nonostante tutto leggi che si basano sul concetto di frontiera, di stato sovrano, di cittadinanza, un ordinamento in cui l’accoglienza per motivi umanitari è limitata a casi molto specifici e in cui il passaggio di masse umane da uno stato all’altro crea quanto meno problema.

D’altro canto, la cultura oggi dominante ha già abbondantemente archiviato tutte queste nozioni e postula il diritto di muoversi liberamente sul globo di chiunque verso ovunque, teorizzando anzi l’alto valore arricchente e fondativo del cosmopolitismo, del meticciato, della fusione delle culture e dei popoli.

In momenti di normalità, tale contraddizione genera contrasti puntiformi, locali, relativi. In momenti di eccezionalità, come il presente, genera invece disastri. Che così non si possa più andare avanti lo capiscono tutti, la contraddizione deve essere sciolta in un senso o nell’altro.

Ovviamente tutte le istituzioni internazionali non sono in grado di farlo, non solo perché abitate da emeriti cialtroni, ma perché superate dagli eventi: Onu e Ue sono mammut fossilizzati, non hanno gli strumenti materiali e concettuali per agire sulla realtà, anche se lo volessero e fossero animati dalle migliori intenzioni (e così non è).

Ciò non toglie che una decisione vada comunque presa. Le strade sono appunto due.

La prima postula di farla finita con le carrette del mare semplicemente aprendo le frontiere e magari, perché no, andando a prendere i “migranti” direttamente sul posto con tutte le sicurezze del caso. È una strada (apertamente proposta da alcuni movimenti di sinistra) che salverebbe molte vite ma che ci porterebbe in compenso semplicemente a dire addio a concetti di Italia e di Europa così come li abbiamo conosciuti sinora. Nel giro di qualche anno, forse di qualche mese, causerebbe sconvolgimenti al cui confronto le tragedie del mare sembreranno rovesciamenti di pedalò a 5 metri dalla riva, ma certo nel breve termine si potrebbe gioire per i drammi scampati nel Mediterraneo.

L’altra strada implica la chiusura delle frontiere e l’azione – politica, economica, solidale, ma anche militare se occorre – sull’altra sponda del Mediterraneo. È una soluzione complicata, perché implica il peso della decisione, ma ha il non trascurabile vantaggio di contemplare la nostra sopravvivenza come entità collettiva. Ma per molti questa, semplicemente, non è una priorità.

Adriano Scianca

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