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Giustizia riparativa: quando il diritto non è fatto di sole punizioni

by Asgar
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Giustizia riparativa

Tra le molteplici – e spesso controverse – novità introdotte con la recente riforma della giustizia penale, compare un istituto che, almeno nelle intenzioni del legislatore, lancia una sfida epocale. Il concetto di giustizia riparativa, che da tempo anima il dibattito tra gli studiosi, ha assunto finalmente veste normativa. È dunque il momento di interrogarsi su questa innovazione, mettendo da parte – almeno per un attimo – scetticismo e perplessità, per sondare la sua reale attitudine a risolvere almeno alcuni dei problemi che affliggono il sistema giudiziario.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di maggio 2023

Alla base di questo istituto si trova un concetto finora estraneo alla nostra tradizione giuridica: la giustizia riparativa – sintetizzando estremamente – si realizza attraverso un percorso che conduce autore e vittima del reato, con l’ausilio di un mediatore, a ricucire lo strappo, la ferita provocata dalla violazione della legge penale. È un meccanismo che, quindi, non ha nulla a che vedere con le previsioni che finora sono state introdotte nell’ordinamento, con risultati pressoché nulli, e si basano essenzialmente su una composizione di tipo economico.

Che cos’è la giustizia riparativa?

L’esito di questo percorso, infatti, non è un risarcimento, non trova la sua ragione d’essere nella cosiddetta pecunia doloris; consiste, piuttosto, nell’eliminazione delle conseguenze che la condotta delittuosa produce nelle relazioni umane. E qui si percepisce la portata innovativa che delinea un diverso approccio alle conseguenze del reato nel tessuto sociale: come dimostrano le applicazioni già sperimentate in altri sistemi, la giustizia riparativa può contribuire, anche in maniera determinante, a ricomporre fratture profondissime, provocate da reati di notevole gravità. Un percorso che, in questa direzione, conduce a una pacificazione che difficilmente potrebbe essere raggiunta con la sola punizione del colpevole. Si tratta, quindi, di un tentativo di superare sia la logica sottesa alla sanzione penale e alle sue componenti di carattere retributivo, sia la dinamica del processo penale che tradizionalmente si impernia sulla – fisiologica – contrapposizione delle parti.

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E se fin qui non può che apprezzarsi almeno il tentativo di segnare una svolta, non possono però sottacersi i limiti e le difficoltà sottese alla sua declinazione concreta. Il limite più consistente scaturisce dal fatto che l’istituto è intimamente vincolato al processo, quando invece sarebbe stato opportuno tenere ben distinti i due ambiti: da un lato, infatti, dovrebbe rimanere il processo penale, finalizzato ad accertare responsabilità, irrogare sanzioni ed eventualmente riconoscere risarcimenti dei danni. D’altro lato, invece, si dovrebbero collocare i meccanismi che consentono di…

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