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Guerra cognitiva: la nuova frontiera della propaganda

by Valerio Benedetti
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guerra cognitiva

Roma, 2 ago – Da quando esiste l’uomo, esiste la guerra. Da quando esiste la guerra, esiste la propaganda. A ben vedere, infatti, spesso i conflitti si vincono prima nella mente che sul campo di battaglia. Non a caso, dagli albori della civiltà, il morale delle truppe è sempre stato un aspetto decisivo per l’esito dei combattimenti. Tuttavia, nel corso della storia, le tecniche e le strategie della propaganda sono cambiate profondamente. Nel Novecento, ad esempio, le popolazioni civili sono diventate un vero e proprio obiettivo bellico: pensiamo ai bombardamenti terroristici per fiaccarne il morale. Dalla «guerra totale» novecentesca, poi, si è passati più di recente alle cosiddette «guerre ibride», che si conducono su più livelli e con armi spesso diversissime (dai carri armati alle sanzioni economiche, dagli attacchi cibernetici alla disinformazione). Ecco, in questo contesto, negli ultimi anni le superpotenze mondiali stanno affinando un nuovo tipo di conflitto, e cioè la «guerra cognitiva».

Che cos’è la guerra cognitiva

Sull’argomento, in Italia, si trova ancora poco o nulla. È per questo che risulta molto utile un nuovo dossier pubblicato dal Centro Studi Machiavelli. Scritto dal giovane analista geopolitico Emanuel Pietrobon, questo agile e informato documento ci aiuta a capire che cos’è una guerra cognitiva e perché, in Occidente e soprattutto in Italia, non siamo preparati a questa inedita forma di conflitto. Nella definizione che ne dà la Nato, nelle guerre cognitive «la mente umana diventa il campo di battaglia» e, pertanto, «l’obiettivo è cambiare non soltanto ciò che le persone pensano, ma anche come lo fanno e agiscono». Scopo di queste operazioni è cioè «plasmare e influenzare le convinzioni e i comportamenti degli individui e di [interi] gruppi, favorendo gli obiettivi tattici o strategici dell’aggressore».

Dal Covid a TikTok

Operazioni di questo tipo sono state realizzate da Stati Uniti, Russia, Cina e altri attori non secondari della politica internazionale. Si pensi solo alla guerra russo-ucraina, in cui i social sono diventati fondamentali, oppure a TikTok, social amatissimo dagli zoomer, ma anche pericoloso mezzo di guerra psicologica (psyop) utilizzato dal governo di Pechino per destabilizzare i propri nemici. Insomma, il dossier del Centro Studi Machiavelli, che pubblica costantemente report di valore, ci aiuta a orientarci in un territorio ostile e in parte ancora inesplorato. Anche perché la guerra cognitiva può essere indirizzata tanto verso il nemico esterno, quanto verso il nemico interno, come ha dimostrato la martellante propaganda in epoca pandemica o la più recente crociata mediatica sui cambiamenti climatici.

Valerio Benedetti

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