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Il M5S e il fantasma Rousseau. Un possibile scisma che fa tremare il governo Draghi

by Eugenio Palazzini
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M5S, Rousseau

Roma, 16 feb – Il fantasma Rousseau e il probabile scisma a Cinque Stelle fanno tremare il governo Draghi, o almeno la sua tenuta. Perché se la fiducia al nuovo esecutivo appare scontata, la durata fino al 2023 lo è molto meno. D’altronde il M5S è la principale forza parlamentare in termini numerici e una sua spaccatura potrebbe generare un terremoto politico. Ne sono consapevoli anche iscritti ed esponenti del movimento, quelli che di sostenere l’ex presidente della Bce proprio non ne vogliono sapere. Rigettano con forza l’idea di un matrimonio, seppur a termine, con l’odiato premier banchiere. E sanno che evitarlo potrebbe far saltare il banco.

Rousseau, ancora tu

Di qui l’appello “al Capo Politico pro tempore o in sua vece al Garante” per chiedere un nuovo voto sulla piattaforma Rousseau. In questo modo chi ha ha sottoscritto l’appello invoca una “immediata nuova consultazione, che ponga gli iscritti nella possibilità di esprimersi sulla base di un quesito onesto, sincero, veritiero e reale sul ruolo del Movimento 5 Stelle nel Governo Draghi, e quindi una chiara espressione di voto degli iscritti, tale da consentire ai Portavoce nazionali di non avere dubbi sull’indirizzo politico dell’Assemblea al quale uniformarsi”. Al di là della frecciata sul precedente quesito – giudicato tendenzioso – è una corsa contro il tempo, visto che Draghi chiederà la fiducia domani al Senato e giovedì alla Camera.

M5S, al sapor di scisma

Ad occhio è del tutto improbabile dunque che venga accolta la richiesta dei “dissidenti” pentastellati. Questi ultimi non possono che esserne consci, eppure insistono. La petizione che circola on-line porta la firma di circa settanta iscritti al M5S e di alcuni parlamentari, tra cui: Barbara Lezzi, Luisa Angrusani e Bianca Laura Granato. Oltre a portavoce locali come Francesca De Vito e Marì Muscarà. Pochi, troppo pochi per ottenere quanto richiesto. Ma i contestatori fedeli alla linea della prima ora sono soltanto una frangia “dissidente”, altrimenti nota come “dibattistiana”. I malumori in casa pentastellata si sprecano e qualche parlamentare, pur non chiedendo un nuovo voto su Rousseau, potrebbe non votare la fiducia a Draghi. Usiamo il condizionale perché il timore di essere espulsi dal movimento ad oggi sembra prevalere.

Lo stesso Nicola Morra, che da subito ha contestato il sostegno a Draghi, evita adesso di sbilanciarsi. “Non do la fiducia a scatola chiusa”, ha detto ieri durante la diretta di LA7. “Io ho già detto la mia, riassunta nella massima ‘vedere cammello pagare moneta’”. Non si capisce bene quale cammello pensa di vedere Morra, visto che con tutta probabilità il premier in pectore non scoprirà le carte nel suo discorso alle Camere. Insomma, a ben vedere – e bando alle metafore – è più facile che il M5S si spacchi che i suoi parlamentari non votino la fiducia a Draghi. Ma tutto potrebbe cambiare nei prossimi mesi.

Eugenio Palazzini

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