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Il Piano Mattei: una grande occasione per l’Italia (da non sciupare)

by Stelio Fergola
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Piano Mattei

«La potenza è nulla senza controllo», recitava un famoso slogan pubblicitario di tanti decenni fa. Nel caso in esame, potremmo citarlo parzialmente, cambiando l’ordine dei fattori: il controllo è nulla senza la potenza. Per controllo si può agilmente intendere l’idea che viene partorita dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni fin dai primi istanti del suo mandato. Controllo sui flussi energetici nel Mediterraneo e sui rapporti che l’Italia dovrà mantenere e sviluppare con i Paesi nordafricani. «Un modello virtuoso di collaborazione» che il premier ha chiamato «Piano Mattei», evocando i fasti degli anni Cinquanta del secolo scorso vissuti dal fondatore dell’Eni. In base ad esso, l’Italia dovrà diventare uno snodo energetico nel Mediterraneo, il che si traduce – nella versione più ottimista – in crescita geopolitica e influenza concreta nello scacchiere, oltre che in un’espansione economica che coinvolgerebbe in prima istanza proprio il mai troppo dimenticato Mezzogiorno.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di marzo 2023

Un eroe nazionale

Nome evocativo, simbolico, indubbiamente seducente. D’altronde la straordinarietà di Enrico Mattei sta nel particolarissimo equilibrio tra interessi nazionali e quelli dei Paesi controparti degli accordi che promosse e sviluppò il presidente dell’Eni, un personaggio che rimane tutt’oggi un esempio probabilmente irripetibile di amore per l’Italia associato al bene anche di chi ebbe la fortuna di trattarvi.

Con la sua famosa «formula», Mattei costruì in breve tempo le fondamenta di un’azienda di livello mondiale, in grado di dare filo da torcere alle cosiddette «Sette sorelle» del mercato petrolifero. Alla base, un semplicissimo ragionamento: offrire condizioni più convenienti ai Paesi produttori per collaborare all’estrazione e alla vendita. A ben vedere, il fondatore dell’Eni non fece altro che attuare una concorrenza spietata agli angloamericani, sostituendosi spesso come controparte e interlocutore nei riguardi dei nordafricani. Con un particolare importante da sottolineare: la sua azione non si limitò soltanto allo smercio del petrolio e del gas altrui, ma si concentrò anche sull’estrazione, stringendo accordi importantissimi con i Paesi di provenienza.

Il Piano Mattei e il Mare nostrum

Un modello irripetibile? Con le stesse dinamiche, probabilmente sì. L’Italia di oggi è un Paese molto diverso da quello di allora, che con la sciagurata guerra in Libia del 2011 ha perso buona parte della propria capacità di influenzare i Paesi del bacino. Nazioni che, rispetto ad allora, hanno anche tutt’altro atteggiamento nei confronti dell’Europa. Tuttavia del materiale su cui lavorare esiste. Occorrono però almeno tre elementi: la pazienza, la determinazione, il coraggio. In estrema sintesi, tutto ciò che occorre per trasformare ciò che al momento è solo una splendida idea in una solida realtà.

Per il Piano Mattei, giusto partire dagli accordi con l’Algeria, come ha fatto il premier di recente con la sua visita ad Algeri. Ma proprio il Paese nordafricano è un emblema della differenza rispetto al passato. Gli Stati con cui trattava Mattei erano bisognosi di uno sbocco ulteriore rispetto a quello delle compagnie anglosassoni ed ebbero uno spirito più collaborativo che competitivo nei riguardi del fondatore dell’Eni. Oggi l’atteggiamento di nazioni come Algeria, Egitto e Tunisia (senza dimenticare la Libia), anche a causa della fortissima pressione dei flussi migratori, è decisamente più malizioso e, in definitiva, meno affidabile. Le fonti energetiche che prima necessitavano della mano europea e italiana oggi possono essere utilizzate come armi di ricatto (d’altronde, la condotta di Algeri, che mesi fa aveva minacciato la chiusura dei flussi verso la Spagna, ne è una dimostrazione pratica). Per non parlare delle richieste alte sui prezzi. L’Algeria è diventato il…

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