“Il fulcro dell’azione progettuale prende spunto proprio dalle vicende legate alla giornata del 3 ottobre 2013, in grado di far rivivere e riflettere le nuove generazioni sugli aspetti del fenomeno migratorio. Le comunità scolastiche sono quindi invitate ad affrontare e discutere questi temi”, si legge nel documento. Ma quale discussione, vien da chiedersi, se la conclusione è quella descritta poco dopo, e cioé che l’unica strada percorribile ed autorizzata dal governo è quella di “diffondere la cultura dell’informazione e dell’accoglienza, della convivenza e della pace, fondati sul rispetto dei diritti umani”?. Proprio così. Niente senso critico, niente possibilità di sottolineare alcuni aspetti palesemente problematici relativi al fenomeno: “Il coinvolgimento delle ragazze e dei ragazzi costituirà anche un’occasione per confrontarsi sul tema delle discriminazioni e dell’esclusione dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo a livello nazionale ed europeo”. Insomma, uno studente potrà osservare che per la maggior parte dei sedicenti richiedenti asilo la domanda viene respinta, o che in molti dei paesi d’origine di guerre non se ne vedono? O scatterà anche per loro la legge Mancino, ampliata per poter avere conseguenze penali anche per i minori in virtù della lesa maestà governativa?
Non tutti i professori, però, ci stanno. E scoppia la rivolta. In un post scritto da un professore di storia di Milano, divenuto virale con
Nicola Mattei