Dunque le navi delle ong devono rientrare sotto il coordinamento della Guardia Costiera, ricevendo istruzioni “anche su tempi e modalità di svolgimento del servizio, oltre che sull’area nella quale posizionarsi”. Inoltre le ong dovranno essere certificate per escludere “alla radice ogni sospetto di scarsa trasparenza organizzativa ed operativa”, nonché rendere pubbliche le proprie fonti di finanziamento e collaborare con le autorità italiane. Latorre ha anche specificato che, al momento, “non vi sono indagini in corso sulle ong in quanto tali, ma solo l’inchiesta della procura di Trapani concernente le singole persone impegnate all’interno delle operazioni”.
Nei dati forniti si evidenzia per altro che nel 2017 il 50 per cento dei salvataggi sono stati fatti da mezzi privati con un notevole aumento rispetto ai mesi scorsi. Il documento bacchetta infine Tunisia e Malta, che non intervengono nelle loro acque Sar (Ricerca e Soccorso), lasciando all’Italia il compito di coprire un’area vastissima del Mediterraneo. Il documento sarà inviato al governo e al presidente del Senato Piero Grasso.
Giorgio Nigra
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zone SAR.
pensare che gli stessi mari che bagnano la nostra Penisola sono divisi per competenze SAR proprio per organizzare al meglio controllo e soccorso ed -OVVIAMENTE mappe alla mano- per nessuna ragione arrivano fino alle acque territoriali libiche.