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A Varazze vigilantes africani contro i venditori abusivi: “Così evitiamo accuse di razzismo”

by Cristina Gauri
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Savona, 24 giu – A Varazze la piaga dei venditori abusivi sulle spiagge è così radicata che il Comune ha deciso di assumere vigilantes extracomunitari per tenerla sotto controllo. I vantaggi rispetto agli italiani? Silenziare le accuse di razzismo – “non è razzismo se la guardia ha lo stesso colore di pelle dell’abusivo” – e favorire la comunicazione tra vigilantes e vu cumprà. E così l’amministrazione ha arruolato tre immigrati, due di origine senegalese e un marocchino. “Sarà anche un modo per non essere accusati di razzismo”, spiegano i promotori de servizio. Durante i pattugliamenti lungo le spiagge, infatti, i vigilantes vengono spesso additati come razzisti e intolleranti, colpevoli di mostrare “un accanimento contro giovani di colore che cercano solo di guadagnarsi la giornata”. Insomma, siamo così schiavi del ricatto autorazzista da piegarci ad arruolare pedine di colore per salvare le apparenze di fronte alle lamentele dei buonisti. Una mossa abbastanza ipocrita, dal momento che l’azienda di vigilanza è gestita da italiani, così come l’amministrazione varazzina. Ma contenti loro.

“Faremo rispettare la legge”

E i neo assunti cosa ne pensano? “Sulla spiaggia faremo semplicemente rispettare la legge. Stiamo svolgendo un lavoro onesto e inviteremo i nostri connazionali a fare altrettanto“, afferma Nabil El Kamili, 38enne marocchino, che da 9 anni lavora in un’azienda di vigilanza savonese ed è stato selezionato per il progetto varazzino. I fondi per finanziare questo piano di lavoro provengono dal programma Spiagge Sicure del ministero dell’Interno, che prevede il pattugliamento dei litorale contro abusivi e ladri in tutti i giorni festivi e prefestivi, “con un incremento nel mese d’agosto”. I tre uomini, a turno, scenderanno sulle spiagge in squadre da due, dalle 10 alle 18. «Selezionare tre addetti extracomunitari è stato strategico – ha spiegato Stefano Veggi, titolare della ditta e presidente nazionale di Federsecurity – Parlare la stessa lingua facilita il servizio».

Cristina Gauri

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