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Altaforte, così Appendino e Chiamparino nascondono la crisi del Piemonte

by Adolfo Spezzaferro
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Torino, 9 mag – “In Piemonte ci sono quasi 300 mila poveri e il 10 per cento sono giovani. Un lavoratore su cinque sfiora la soglia della povertà. A spaventare, la crisi dell’auto”. E’ l’allarme lanciato dai sindacati lo scorso 1° maggio. Numeri che fanno purtroppo il paio con quelli di Unioncamere Piemonte, che tirando le somme del 2018 registra 24.156 nuove aziende in tutta la regione, ma a fronte di 26.136 cessazioni. Dunque, un saldo negativo di quasi duemila unità. l bilancio tra nuove iscrizioni e cessazioni si traduce in un tasso di crescita del -0,45%, peggiore rispetto al dato registrato nel 2017 (-0,22%) e in controtendenza rispetto alla media italiana (+0,52%) del 2018. Insomma, il Piemonte è in crisi. Per non parlare di Torino. Nel capoluogo piemontese e nella provincia, in un solo anno, sono andate perse 1.600 aziende, come riporta la Camera di Commercio di Torino.

La Tav è ferma

A questo preoccupante quadro dobbiamo aggiungere il fatto che mentre le aziende sono in fuga dalla regione e Torino si sta praticamente deindustrializzando, la Tav è ancora bloccata. Il cantiere della Torino-Lione che darebbe lavoro e creerebbe un indotto economico notevole è fermo. I motivi sono noti: il governo è diviso. Da una parte ci sono i 5 Stelle, tra le cui fila è zeppo di No Tav e antagonisti vari, che sostengono che l’opera è inutile e quindi inutilmente costosa; dall’altra c’è la Lega, a favore della ripresa dei lavori. Se andiamo a vedere in Piemonte, la situazione non cambia: il governatore Chiamparino è a favore della Tav (così come il Pd); la “sindaca” di Torino Appendino è fieramente No Tav.

L’alleanza Pd-M5S contro Altaforte

Eppure, Pd e M5S, proprio in Piemonte, ora sono alleati. Sì, si sono uniti per cacciare Altaforte dal Salone del libro di Torino. “Una decisione politica”, rivendicano Chiamparino e Appendino, perché il Salone non poteva permettersi di perdere la presenza della testimone dell’olocausto Halina Birenbaum che aveva lanciato un aut aut – “O me o Altaforte” – facendo cacciare la casa editrice, colpevole di “essere vicina a CasaPound” e di “pubblicare Il Primato Nazionale”. Questa alleanza Pd-M5S contro la libera circolazione delle idee – nel caso specifico, quelle dentro i libri – nata a Torino di certo non risolverà la crisi economica della città, né rilancerà l’occupazione regionale, ma almeno dà lustro perché ribadisce i valori dell’antifascismo e della resistenza. Che questo comporti un guadagno è abbastanza improbabile (di certo non per il Salone, che ora dovrà affrontare una causa per aver rescisso un regolare contratto con Altaforte). Ma un dato è certo: per un po’, grazie al clamore mediatico scatenato con la vicenda del Salone e all’accordo Chiamparino-Appendino, non si parlerà di disoccupati, di aziende che chiudono, di cantieri della Tav abbandonati. Tutte cose reali, tutti problemi irrisolti. Ma per adesso c’è di meglio: c’è da gioire per aver salvato la democrazia, al Salone del libro.

Adolfo Spezzaferro

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