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Altro che “solidarietà europea”, Francia e Germania respingono i “nostri” clandestini

by Aurelio Del Monte
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Roma, 13 sett – L’ultima “novità” è che Francia e Germania respingono i “nostri” clandestini. Tutte chiacchiere, quelle della “solidarietà europea”, e lo capirebbe anche un tordo, ma ora la questione è impellente, perché dopo gli ulteriori record sul fronte della mesta Lampedusa, “nel continente” non ci pensano due volte a bloccare qualsiasi ingresso. Il che, logicamente, dovrebbe portare quanto meno a riflettere. La logica, ahinoi, non fa però parte di questo contesto storico e politico.

Frontiere chiuse: così Francia e Germania bloccano i clandestini provenienti dall’Italia

Insomma, a Francia e Germania della sedicente “solidarietà continentale” non interessa granché, e gli stop ai clandestini provenienti dal nostro territorio sono soltanto l’ennesima dimostrazione. A riportare la notizia per primo è Welt, che cita ambienti delle autorità tedesche, prontissime a comunicare al nostro governo il freno “temporaneo” al cosiddetto  “meccanismo di solidarietà volontaria” . Da Parigi, stessa musica. Il ministro dell’Interno Darmanin annuncia veri e propri blocchi per frenare i flussi di immigrazione clandestina provenienti dal nostro Paese. Da Berlino motivano la situazione in modo molto semplice: troppa pressione. Da qui la necessità di sospendere i trasferimenti “in base alla Convenzione di Dublino”, sottolineando che nel merito “l’Italia è stata informata alla fine di agosto”. Welt sottolinea che uno dei motivi della sospensione sarebbe il rifiuto dell’Italia di permettere i trasferimenti dalla Germania nell’ambito della Convenzione di Dublino. L’attuale legge sull’asilo dell’Ue prevede che i richiedenti asilo che si spostano in un altro Stato membro senza permesso debbano generalmente essere rimandati nel Paese di primo ingresso. Un’organizzazione a cui l’Italia avrebbe detto “no” da nove mesi. Ma è il solito cane che si morde la coda.

Chi se la prende ancora con Orban o è fesso o è complice

L’Italia rifiuta gli ingressi di “rientro” ma di certo non si può dire che non abbia le sue ragioni, visto che consente arrivi numericamente stellari sulle proprie coste. La realtà, banalissima, è che il ping pong è la conseguenza più ovvia del sistema dei ricollocamenti, ovvero dell’accettazione del fenomeno migratorio di massa in luogo di un suo completo e serio contrasto. In tutto questo delirio generalizzato e in corso ormai da anni, l’Ungheria di Viktor Orban fa pure la parte della “cattiva” mentre si tratta dell’unico Stato che nel merito sta ragionando davvero. Far entrare è il primo passo per non risolvere, perché – logicamente – la questione si sposterà sull’eterno dibattito di chi deve accogliere più di altri, peraltro in un sistema di regolamenti che, praticamente da sempre, penalizza apertamente il nostro Paese. Budapest è l’unica ad aver compreso seriamente questa realtà. O ad averla voluta capire: ciascuno dia l’interpretazione che preferisce.

Aurelio Del Monte

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