Roma, 19 mag – L’assemblea del Partito democratico ha confermato Maurizio Martina segretario reggente con 294 voti a favore, otto astenuti e nessun contrario.
L’ex segretario Matteo Renzi si dice “contento” del fatto che l’assemblea abbia deciso di evitare divisioni: “Unità e pace interna raggiunta, un risultato importante“, è il commento. Ha vinto la linea di chi, come lo stesso Renzi, Paolo Gentiloni e Marco Minniti, chiedevano di congelare il dibattito interno.
Si è deciso di non decidere, in sostanza. Una consuetudine, questa del Pd, che nell’era post-Renzi fa guadagnare o perdere tempo, a seconda dei punti di vista.
Il presidente Matteo Orfini in apertura ha preso la parola scatenando la reazione dell’assemblea per la richiesta di un cambio di rotta: “Abbiamo all’ordine del giorno le dimissioni del segretario e gli adempimenti conseguenti. Molti, in queste settimane e in queste ore, hanno chiesto di cambiare la natura di questa nostra Assemblea di oggi per dedicarla a una discussione politica su quel che avviene nel Paese, con la possibile nascita di un governo Lega-M5s. Noi come presidenza ci siamo fatti carico di ascoltare nel modo più largo possibile, e proponiamo di accettare all’unanimità questa richiesta”. Dalla platea sono partiti fischi e qualche “no”, ma era tutta scena: una volta passata ai voti la modifica dell’ordine del giorno ha incassato 397 voti a favore, 221 contrari, sei astenuti.
Poi l’assemblea del Pd ha preso atto delle “dimissioni irrevocabili” di Renzi dalla segreteria e ha rimandato a una nuova riunione la decisione fra segretario eletto nell’assise o eletto al congresso.
Con l’ordine del giorno modificato è caduta anche la possibilità di un intervento in apertura proprio di Renzi. A prendere la parola è stato invece il reggente Martina, il quale ha voluto lanciare un avvertimento: “Il congresso si farà” e “sarà un congresso anticipato, ma non si può limitare ad essere una domenica al gazebo. Il congresso e le primarie potrebbero essere una grande occasione, ma io trovo il dovere di confermare che non basta una domenica al gazebo, abbiamo bisogno di fare un congresso di tipo nuovo, profondo e costituente. Non credo che il Pd debba essere superato, che debba andare oltre o fare passi indietro. Dobbiamo confermare e aggiornare lo sforzo fatto dieci anni fa e credo a un centrosinistra alternativo a cinque stelle e a Forza Italia”, ha aggiunto.
Il Pd però, al di là delle belle parole, di fatto ha rimandato sia la discussione sulla guida del partito che quella sul congresso.
Adolfo Spezzaferro