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Cent’anni fa nasceva il “Fascio d’Azione rivoluzionaria interventista”

by Eugenio Palazzini
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carràMilano, 11 dic –Ricorre oggi il centenario della fondazione del “Fascio d’Azione rivoluzionaria interventista”. Esattamente 100 anni fa, in un’Italia divisa tra favorevoli e contrari all’intervento bellico nella Grande Guerra, nel salone di arte moderna di Milano si tenne una delle principali assemblee in cui si radunarono interventisti, futuristi e sindacalisti rivoluzionari che insieme diedero vita al movimento ispirato al manifesto programmatico denominato “Fascio rivoluzionario d’azione internazionalista” del 5 ottobre 1914.

Assieme a De Ambris, Pirolini e molti altri interventisti che la storia ritroverà a Milano anche cinque anni dopo, il 23 marzo 1919, in piazza San Sepolcro, l’intervento più atteso e coinvolgente fu senza ombra di dubbio quello del giovane Benito Mussolini, che con queste parole diede vita al neonato movimento: “la situazione è chiara. Non perdiamoci in chiacchiere e operiamo. Non dobbiamo costituire un partito, ma un fascio di energie con un obbiettivo da raggiungere. Vogliamo l’intervento immediato”. L’inverno del 1914 stava infatti attraversando un relativo periodo di calma su tutti i fronti, tanto da far emergere l’ipotesi che in cambio della propria neutralità al conflitto, l’Italia avrebbe potuto riavere il Trentino occupato dagli austroungarici, o la furbesca entrata in guerra ormai a giochi fatti; ma l’interventista Mussolini ovviamente ne era contrariato e considerando tale proposta un atto di viltà e un disonore per la Patria, dal raduno di Milano tuonava contro l’allora tentennante governo Salandra: “Non dobbiamo vergognarci di essere italiani. Bisogna dire a questo governo: ‘O ti muovi o ti troverai di fronte a un movimento rivoluzionario!’ Avanti con questi fasci. Già ne sono costituiti sessanta e il nostro sarà la spina dorsale del grande movimento”.

Quell’assemblea e quelle parole del futuro Duce, furono mediaticamente una delle carte più efficaci che l’interventismo italiano si giocò contro le schiere dei neutrali, che divenivano ogni giorno più deboli, mentre l’entrata in guerra per riconquistare i territori italiani sottratti dall’Austria, appariva sempre più vicina.

Andrea Bonazza

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