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E’ morto Felice Gimondi, leggenda del ciclismo italiano che tenne testa a Merckx

by La Redazione
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Bergamo, 17 ago – Ci ha lasciato Felice Gimondi. E lo ha fatto nella più tragica delle maniere, stroncato da un malore, durante le sue vacanze a Giardini Naxos. Sono stati inutili i soccorsi immediati, il decesso è stato inevitabile. Leggenda del ciclismo italiano e mondiale, Gimondi è colui che osò sfidare il più forte ciclista di tutti i tempi, il Cannibale Eddy Merckx. Nato a Sedrina, nel bergamasco, il 29 settembre 1942, fu un corridore che crebbe ben presto e nel suo ultimo anno da dilettanti, nel 1964, riuscì ad aggiudicarsi il Tour de l’Avenir, ossia la prova generale per chi sogna di diventare un grande corridore. Lo stesso anno, seppur ancora dilettante, fu chiamato a rappresentare la nazionale italiana alle olimpiadi di Tokyo nella prova in linea, vinta dal nostro Zanin.

L’esordio tra i professionisti

I tempi erano maturi per l’esordio tra i professionisti, che avvenne con la Salvarani (squadra con cui rimase fino al 1972): colse subito un secondo posto alla Freccia-Vallone, venne chiamato a correre il Giro d’Italia a supporto del compagno di squadra, nonché vincitore di quell’edizione del Giro, Vittorio Adorni. Felice riuscì a cogliere il terzo posto nella generale. Reclutato al Tour de France ad aiutare lo stesso Adorni (che si ritirerà per problemi fisici), riuscì a conquistare ben 3 vittorie di tappa, a resistere agli attacchi e vincere contro ogni pronostico la Grande Boucle.

I successi

L’anno seguente arrivarono le vittorie nelle grandi classiche Parigi-Roubaix e Giro di Lombardia – in quest’ultimo battendo nientemeno che Eddy Merckx – chiudendo nella top ten il Giro d’Italia, mentre nel 1967 si aggiudicò la corsa rosa e colse un settimo posto al Tour – dove si consumò la tragedia di Tom Simpson sul Mont Ventoux – impreziosito da un successo di tappa, sfiorando poi il bis al Lombardia. Nel 1968, dopo un ottimo terzo posto al Giro, si aggiudicò la Vuelta a España, diventando a soli 25 anni il secondo ciclista di tutti i tempi ad aggiudicarsi tutti e tre i Grandi Giri, impresa riuscita per primo al francese Jacques Anquetil. Ad oggi, in questa impresa sono riusciti solo sette corridori: i due già citati, Eddy Merckx, Bernard Hinault e, in tempi moderni, Alberto Contador, Vincenzo Nibali, Chris Froome. Nel 1969 vinse ancora il Giro, grazie anche alla squalifica di Merckx, mentre negli anni seguenti dovette subire il dominio del Cannibale e dei belgi in tutte le competizioni, consolandosi comunque coi titoli nazionali nel 1970 e nel 1972, oltre a due tappe al Giro d’Italia del 1971. Passato alla Bianchi nel 1973, riuscì nell’impresa di conquistare il titolo mondiale in una volata ristretta con lo spagnolo Ocaña e i due belgi Merckx e Maertens, con quest’ultimo che sbagliò a tirare la volata al Cannibale, il quale stizzito mollò ai 200 metri dal traguardo e finì addirittura fuori dal podio nell’occasione, giungendo quarto. Complice la squalifica dello stesso Merckx – trovato positivo ad uno stimolante – lo stesso anno Gimondi vinse il Lombardia e l’anno dopo, 1974, fece sua la Milano-Sanremo. Positivo ad un controllo antidoping al Tour 1975, nel 1976 vinse il suo ultimo Giro d’Italia. Si ritirò, dopo ultimi successi in corse minori, nel 1979.

Un gigante del ciclismo

Dunque complessivamente si aggiudicò tre Giri d’Italia, un Tour de France, una Vuelta a España e, tra le classiche monumento, una Milano-Sanremo, una Parigi-Roubaix e due Giri di Lombardia, oltre al titolo di campione del mondo. Sono ben oltre cento le vittorie tra i professionisti e detiene il record di podi (9) al Giro d’Italia. Caratterizzato da una maggiore longevità rispetto al Cannibale, uno dei soprannomi più ricorrenti fu quello di “eterno secondo”, ma dire che raccolse solo le briciole lasciate dal campionissimo belga sarebbe riduttivo. Gimondi seppe tenere sempre testa al belga, dimostrando una tenacia che nessuno degli altri avversari seppe avere con così tanta costanza. Merckx dovette piegarsi a Felice in più di una occasione. Fra i due vi era rivalità e rispetto, smisero di correre a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Divennero grandi amici e il Cannibale, alla notizia della tragica scomparsa di Felice, ha dichiarato: “Stavolta perdo io”. Senza la presenza ingombrante del belga, probabilmente Gimondi avrebbe un palmares ancora più prestigioso, ma il ciclismo è fatto di dualismi, rivalità, lotte infinite. E da queste lotte, esce fuori il vero Campione. Ciao Felice.

Manuel Radaelli

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