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Il Molise esiste e può (forse) decidere le sorti del governo

by La Redazione
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Campobasso, 22 apr – La ricorrente e decisamente inflazionata battuta “il Molise non esiste” è quanto di meno appropriato si possa fare oggi. Dalle 7 di stamani sono aperte le operazioni di voto che si chiuderanno alle 23 e decreteranno il successore di Paolo Frattura (Pd), presidente uscente. A contendersi la regione più misconosciuta d’Italia, nonché la seconda più piccola (dopo la Valle d’Aosta) saranno in quattro: Andrea Greco (M5S), Donato Toma (Centrodestra), Carlo Veneziale (Centrosinistra) e Agostino Di Giacomo (CasaPound). Gli elettori molisani eleggeranno un consiglio composto da venti consiglieri più il candidato presidente che risulterà vincitore. Di solito nessuno dà troppo peso all’esito di queste regionali, stavolta però il discorso cambia decisamente. Da “terra che non c’è” il Molise è balzato alle cronache internazionali come “Ohio d’Italia”, con il chiaro riferimento allo Stato americano che tradizionalmente anticipa il verdetto finale delle elezioni presidenziali statunitensi. Il Financial Times ha dedicato un articolo alla piccola regione, “Italy’s political rivals battle for outsized victory in tiny Molise”, giudicandola decisiva per la creazione del governo. Ovvero, secondo i giornalisti britannici, chi vincerà in Molise potrebbe essere il partito (o la coalizione) in grado di formare finalmente un esecutivo.
Quanto sia realistica questa analisi è difficile dirlo, perché se da una parte Di Maio e Berlusconi si sono ritrovati in due piazze di Campobasso nel tentativo di conquistare gli ultimi voti degli indecisi, è altrettanto chiaro che essendo l’unica regione oggi al voto il Molise viene maggiormente attenzionato del solito. Un riflesso nazionale che altrimenti, con tutta probabilità, non ci sarebbe stato. Chi vincerà? Non è facile prevederlo, perché se da un lato i Cinque Stelle alle politiche del 4 marzo hanno centrato il 45%, sovente alle regionali non replicano queste alte percentuali. Il M5S ha poi una sola lista e 20 candidati, mentre il centrodestra è composto da 9 liste e 180 candidati. Il centrosinistra, che si è ricompattato in extremis con Leu, ha 5 liste e 100 candidati. Numeri che potrebbero incidere in una regione con appena 312 mila votanti. C’è poi CasaPound, che potrebbe scompaginare l’esito del voto magari eleggendo un consigliere in regione.
Forse il Financial Times ha esagerato e il Molise non peserà così tanto nelle trattative in atto per la formazione del governo, di sicuro però ancora per qualche giorno questa piccola regione italiana sarà al centro dell’attenzione. E non è detto che non possa cambiare parzialmente le carte in tavola, o almeno gli atteggiamenti delle forze parlamentari.
Eugenio Palazzini

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1 commento

Dino 22 Aprile 2018 - 6:50

Come dire che 300mila persone possano influire sul destino del futuro governo. Una regione (minuscola dovuta), ininfluente che non solo non dovrebbe esistere, ma che succhia sussidi statali assai maggiori di ciò che versa alla Nazione. Il vero banco di prova semmai è il FVG. Salvini ha dimostrato di essere un vero leader ed un politico serio. Sarebbe ora di sostenerlo invece di osteggiarlo. Da soli non si va da nessuna parte.

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