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Flixbus: il lato oscuro (e la concorrenza sleale) della "sharing economy"

by Salvatore Recupero
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Bari, 18 feb – L’ascesa di Flixbus nel nostro mercato comincia a fare qualche vittima. Stiamo parlando della Marozzi, il colosso pugliese del trasporto su gomma (autobus che percorrono tratte extraregionali) che ha comunicato ai sindacati l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo per 85 dei 92 dipendenti diretti, con la cessazione dei collegamenti su gomma dalla Puglia verso Roma, Siena, Firenze Pisa.
Se all’apparenza sembra una storia di provincia da relegare nelle pagine della cronaca locale, in realtà si tratta di un caso emblematico che ci mostra come l’irrompere della sharing economy può distruggere alcune solide realtà imprenditoriali. Andiamo con ordine. Flixbus è una società di autobus extra-urbani che effettua servizi di trasporto low-cost in tutta Europa. Si tratta di una start up nata nel 2011 in Germania che in pochi anni si è imposta sul mercato europeo. Qual è il segreto della multinazionale teutonica? Semplice: Flixbus non assume nessun autista né possiede alcun mezzo. Essa si limita ad organizzare la pianificazione della rete, il marketing, la politica dei prezzi, la gestione della qualità ed il servizio al cliente. I partner locali sono responsabili per l’esecuzione dei percorsi, mentre l’azienda tedesca è responsabile delle autorizzazioni ufficiali necessarie per il funzionamento della rete a lunga distanza. In pratica. In pratica lo schema Uber applicato agli autobus a lunga percorrenza.
Le imprese che non accettano la partnership con questa multinazionale hanno i giorni contati. Ed è questo il caso della Marozzi di Bari. Per riassumere al meglio la situazione basterà riportare le dichiarazioni dei protagonisti.  Giuseppe Vinella, amministratore delegato di Sita Sud (la società del gruppo che controlla Marozzi, 14 milioni di euro di fatturato annuo) e presidente regionale dell’Anav sostiene che “Flixbus organizza il servizio e riconosce all’operatore che lo svolge 65 centesimi a km quando la media nazionale è di un euro e 60 centesimi a chilometro ”. Si tratta, dunque, di una concorrenza sleale che nel breve e medio termine danneggia i lavoratori ma nel lungo periodo farà sentire i suoi effetti anche sugli utenti.
Secondo Anav ciò che viene corrisposto dai tedeschi non è infatti sufficiente a coprire i costi derivanti dall’applicazione dei contratti nazionali e dall’osservanza delle varie norme a tutela della sicurezza e dei viaggiatori. Anche i sindacati sembrano essere sulla stessa lunghezza d’onda dell’associazione datoriale. Secondo Maria Teresa De Benedictis, segretario regionale della Filt Cgil, “servirebbe un intervento regolatorio a livello europeo. Le autorizzazioni per le linee di competenza statale devono essere date agli operatori che abbiano la proprietà di almeno un mezzo, e non invece a una piattaforma informatica che vende semplicemente servizi accessori”. La sharing economy, dunque impone un modello di organizzazione aziendale completamente diverso da quello finora conosciuto. La persona lavora on demand solo quando c’è richiesta per i suoi servizi, prodotti o competenze e con propri mezzi. Lo stesso discorso viene applicato alle imprese che diventano schiave del proprio committente.  Nel mondo anglosassone si parla già di workers on tap ossia lavoratori alla spina.
Tornando al caso Flixbus, quando questa multinazionale avrà messo a libro paga tutte le aziende locali potrà imporre i propri prezzi in un regime di monopolio. Dunque, ridurre i prezzi sulle spalle dei lavoratori non solo danneggia i salariati ma nel lungo periodo rischia di essere controproducente.
Salvatore Recupero
Siamo stati contattati dall’ufficio stampa di FlixBus, il quale ci ha chiesto di poter fornire alcune precisazioni. Le riportiamo, insieme alla controreplica dell’autore dell’articolo [IPN]
“In riferimento all’articolo pubblicato poco fa sul caso Marozzi, la cui crisi viene erroneamente attribuita a FlixBus, alcune precisazioni necessarie per fare chiarezza su alcuni punti fondamentali:
· Innanzitutto, come da titolo, l’articolo identifica un rapporto di causa-effetto tra una supposta «concorrenza sleale» mossa da FlixBus e la crisi di Marozzi. Tale affermazione è diffamatoria e priva di fondamento: non esiste infatti concorrenza sleale, come dimostrano ben due pronunciamenti dell’Antitrust italiana, uno studio del Politecnico di Milano e cinque sentenze del TAR a favore di FlixBus contro altrettanti ricorsi presentati contro l’attività della nostra azienda;
· Si trascura inoltre di considerare che molti dei nostri diretti concorrenti hanno aumentato il proprio fatturato e i propri servizi, come dichiarato a mezzo stampa: si vedano, per esempio, le recenti dichiarazioni di Baltour e Marino (che a dicembre ha annunciato l’avvio di una rete internazionale in collaborazione con Alsa, Ouibus e National Express), o il lancio del servizio di Busitalia Fast da parte di Simet, in collaborazione con Busitalia.
I bilanci di Marozzi (che non è una piccola azienda, ma parte di un grande gruppo che vive anche di soldi pubblici), non sono quelli di un’azienda in crisi. Unica differenza è che, dopo un decennio di servizio in monopolio su alcune tratte, oggi su quelle stesse tratte, con oltre 10 anni di ritardo rispetto alla liberalizzazione del mercato italiano, sono attivi più operatori.
«Giuseppe Vinella, amministratore delegato di Sita Sud (la società del gruppo che controlla Marozzi, 14 milioni di euro di fatturato annuo) e presidente regionale dell’Anav sostiene che “FlixBus organizza il servizio e riconosce all’operatore che lo svolge 65 centesimi a km quando la media nazionale è di un euro e 60 centesimi a chilometro. Si tratta, dunque, di una concorrenza sleale che nel breve e medio termine danneggia i lavoratori ma nel lungo periodo farà sentire i suoi effetti anche sugli utenti”»: queste dichiarazioni non trovano riscontro nella realtà, come già specificato in più occasioni. Sono argomenti utilizzati strumentalmente solo per coprire le proprie scelte aziendali”.
Non vi è nessuna accusa diretta all’azienda ma, come da titolo, al sistema che nasce dalla sharing economy. Sui dati e le cifre fornite da Vinella è stato semplicemente riportata la sua dichiarazione. Dichiarazione e concetti ripresi anche da varie parti sindacali, nonché da numerose interrogazioni parlamentari da parte di deputati che invitavano le autorità a vigilare sul mercato e sulle possibili distorsioni dello stesso.

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giuseppe 18 Febbraio 2018 - 12:43

La penso pari pari allo stesso modo, pur non essendo laureato.

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Stefano 18 Febbraio 2018 - 2:58

Tutto vero: infatti sulla mi a piccola esperienza con Uber in Francia, mi sono reso conto che dove i Taxi non sono più disponibili o sufficienti, Uber applica tariffe anche superiori a quelle del taxi stessi.

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Andrea 19 Febbraio 2018 - 7:58

Bisogna che lo Stato intervenga su Flixbus a tutela delle aziende italiane e sopratutto dei lavoratori i primi segnali già ci sono stati: sequestri di bus A marchio Flixbus privi di revisione, estintori, personale non assunto e non in regola con le ore di riposo, ecc. ecc. questo a discapito della sicurezza del viaggiatore lo Stato che fa’ ..??

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pedro 19 Febbraio 2018 - 9:35

tutto vero. Lasciamo in pace i ‘poveri’ tassisti con le loro truffe ai danni dei poveri clienti…Chissa’ perche’ in italia prendere un taxi e’ un lusso? In molti paesi europei i taxi hanno tariffe simili ad uber. Io ho sempre preferito chiamare ed usare taxi piuttosto che uber. Per i bus, senza concorrenza dettavano le condizioni che volevano. Erano spesso vuoti (ma tanto sovvenzionati da enti statali, wuindi soldi nostri), avevano orari e tratte scadenti. Non mi piace flixbus ma lo preferisco ai vecchi dinosauri del trasporto civile su gomma

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giuseppe 19 Agosto 2018 - 5:12

ciao sono autista di autobus da noleggio dal 1988 e di autolinea dal 1996. Lavoro con una azienda storica di cui oggi Flixbus è concorrente. Almeno per ora Flixbus non ci ha ancora inghiottito nel suo gorgo ! Non voglio entrare nel merito delle ATI e di chi deve detenere le autorizzazioni, tempo perso alle luce di quanto è accaduto. Credo che l’unica via di uscita per porre fine alle polemiche , risieda nel fatto che le forze dell’ordine devono fare controlli accurati su tutti gli autisti di tutte le ditte a tappeto ! E che le autorità ministeriali , ispettorati, motorizzazione,controllino il rispetto del contratto nazionale degli autoferrotranvieri e l’applicazione delle normative europee in materia di tempi di guida riposi giornalieri settimanali e riposi compensativi dei riposi ridotti settimanali, gli eccessi di velocità, pubblicando su di una gazzetta le infrazioni commesse dalle varie aziende esponendole al pubblico ludibrio creare una classifica dei trasgressori , sospendendogli temporaneamente se il caso ricorre la possibilità di esercitare per un periodo l’attività di trasporto persone in modo da farle redimere per le irregolarità commesse, e per fargli comprendere il valore della vita dei lavoratori e dei passeggeri ! Solo così si verrebbe a sapere chi è virtuoso e chi no! Il resto sono solo chiacchiere . Le autorità in questo caso rivestirebbero un ruolo super partes . saluti.

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