Roma, 9 set – I comuni italiani stanno ultimando, in questi giorni, la definizione delle aliquote. Alcuni hanno già provveduto, consentendo in alcuni casi il pagamento degli acconti già a inizio estate. Per i ritardatari, il versamento del dovuto si avrà in un’unica soluzione a dicembre.
Tecnicismi a parte, la debuttante Tasi -tariffa sui servizi che da quest’anno sostituisce l’Imu- sembra destinata a regalare amare sorprese. Secondo uno studio della Uil, condotto su dati del ministero dell’Economia, con riferimento a 69 comuni capoluogo di provincia l’aliquota media si assesta al 2.46 per mille. Appena al di sotto del massimo consentito, che è il 2.5 per mille. Questo significa che, nell’ipotesi più ottimista, almeno una famiglia su due sarà chiamata a pagare di più rispetto all’Imu. Secondo altre stime, sarebbero invece almeno 7 su 10 le famiglie che si vedranno addebitare un aggravio d’imposta. Questo è dovuto al fatto che le aliquote Imu erano sì più basse, ma a differenza della Tasi prevedevano detrazioni fisse. Senza considerare, inoltre, che con la nuova tariffa sono chiamati a contribuire non solo i proprietari, ma anche gli inquilini.
I comuni, da parte loro, si sono ritrovati con spazi di manovra che non consentivano opzioni diverse. Pochissimi quelli che hanno deliberato aliquote nulle o vicine allo zero. Per gli altri, l’Anci si limita a rilevare che «I Comuni hanno subito begli ultimi tre anni tagli di risorse per oltre 8,5 miliardi, ai quali si aggiungono i circa 9 miliardi di vincoli del Patto di stabilità. I tagli sono stati solo in parte compensati dalla maggiore pressione fiscale, resasi obbligata per fornire un ulteriore contributo alla finanza pubblica e garantire i servizi essenziali ai cittadini». E’ pressoché automatico che i sindaci si trovino, in questo modo, costretti a sfruttare quasi tutti gli spazi consentiti dalla fiscalità locale.
Si capisce così anche il perché dei non sorprendenti dati sugli effetti pressoché nulli del bonus Irpef. A giugno le vendite al dettaglio sono rimaste pressoché immobili, e per luglio la tendenza non sembra poter invertire la rotta. Nella migliore delle ipotesi, chi ha beneficiato degli 80 euro in più in busta paga (ma anche chi non ne ha goduto, ma dovrà comunque pagare la Tasi) se li vedrà, come già ampiamente previsto, drenati dalle nuove forme impositive. Segno che gli italiani, oltre al pagamento di qualche arretrato e piuttosto che spendere, hanno preferito tesaurizzare: la cifra del fallimento di una politica fiscale.
Filippo Burla