Roma, 23 mag – “Io chiedo il voto per cambiare l’Europa, non chiedo mezza poltrona in più. Certo se la Lega sarà il primo partito in Italia e in Europa” la Flat tax “sarà la priorità”. Parola del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, intervenuto a Radio anch’io, in risposta a chi gli chiedeva se la sua intenzione fosse quella di un rimpasto dopo il voto. La priorità, ha ribadito, “è abbassare le tasse come c’è scritto nel contratto di governo, una tassa unica per le famiglie e le imprese che è l’unico modo per far correre l’Italia”. Quindi ancora una volta il leader della Lega conferma che dopo le Europee il governo gialloverde resterà in sella.
Decreti Sicurezza e Famiglia rinviati a dopo il voto
Certo, la maggioranza, divisa praticamente su tutto, preferisce rinviare qualsiasi decisione a dopo il voto: segno che le Europee – al di là delle rassicurazioni – incideranno eccome. Il premier Giuseppe Conte, che ieri è salito al Colle per un colloquio con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in serata, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha spiegato: “Ho sentito i miei due vicepresidenti e all’esito di uno scambio aperto e franco abbiamo convenuto che è complicato tenere un Consiglio dei ministri oggi o domani per cui lo abbiamo rinviato alla settimana prossima“. Il premier ha poi puntualizzato che il Cdm si terrà “il primo giorno utile della settimana prossima”. “Alcuni giornali hanno scritto di risse sfiorate” ma in realtà “il clima è stato molto sereno, molto costruttivo. A un certo punto abbiamo sospeso i lavori per confrontarci con gli staff tecnici. Tutto il governo condivide i due obiettivi politici” ha assicurato il presidente del Consiglio precisando che “sul decreto sulla sicurezza c’è una nuova versione, gli uffici qui hanno già lavorato” sulla nuova bozza e “posso dire che mi sembrano superate le criticità segnalate“.
Anche Salvini ricevuto da Mattarella
Dal canto suo, il vicepremier Luigi Di Maio guarda avanti: “Ora c’è tutto il tempo di lavorare insieme sui rimpatri, che sono una questione importante da affrontare con determinazione”. “Se qualcuno”, il decreto Sicurezza bis “preferisce che venga approvato la settimana prossima non mi do fuoco”, aveva chiarito l’altro vicepremier intervenuto a Porta a Porta. “Alcune criticità – ha sottolineato – segnalate nelle ultime ore, sono state superate, ora è approvabile, a prova di Onu, e del tribunale supremo di Fazio e Saviano”. Nel pomeriggio anche Salvini, dopo Conte, è stato ricevuto al Colle da Mattarella.
Lega e M5S restano ai ferri corti
Anche ieri si è consumato l’ennesimo botta e risposta tra Lega e M5S. L’altolà è arrivato da Giancarlo Giorgetti. “Non accuso nessuno, tantomeno il premier Conte, ma così non si può andare avanti…” ha detto il numero due del Carroccio. “Non ho accusato nessuno – ha ribadito – Il presidente del Consiglio non deve essere super partes, il capo dello Stato deve esserlo. Questo è quello che ho detto, mi sembra una cosa assolutamente naturale”. “Se questo è il governo del cambiamento, deve fare le cose – ha scandito poi – non può essere immobile e stare in stallo. La stabilità di governo va bene se non significa immobilità“. Giorgetti ha escluso un rimpasto di governo dopo le Europee: “Come nello sport, la squadra vincente non si cambia”. Quanto alla sua posizione, “io sono dispostissimo a rinunciare al mio ruolo di governo in qualsiasi momento se me lo chiedono e lo ritengono utile”. La replica di Di Maio è arrivata a stretto giro: “Ogni giorno ormai, da circa un mese, c’è qualcuno, e non del M5S, che minaccia la crisi di governo e fa la conta delle poltrone in base ai sondaggi. Oggi è toccato a Giorgetti. Basta. Basta minacciare crisi di governo e basta fare la conta delle poltrone. Si pensi al Paese”. “Giorgetti dice ‘così non si può andare avanti’. C’è una parte di Lega nostalgica di tornare con Berlusconi” ha rincarato la dose il capo politico del M5S. Da Cosenza, durante un comizio in vista delle europee del 26 maggio, è partito l’affondo: “Mi vedrete sempre alzare la voce nel governo quando qualcosa non va bene. Ci sono due piani: quello dei numeri, e i numeri in Parlamento ce li abbiamo noi… ma poi c’è il piano delle parole. I fischi al Papa, e denuncio i magistrati, denuncio l’Onu… queste cose non le posso accettare“. “Quando ce vo’ ce vo’…” ha scandito il vicepremier.
Adolfo Spezzaferro