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La crisi corre sui cavi elettrici, ecco come sprofonda l’Italia

by Eugenio Palazzini
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elettrriciRoma, 8 nov – Circa il 20% di diminuzione dei consumi elettrici dall’inizio della crisi. Niente più del motore che ormai da un secolo e mezzo alimenta qualsiasi economia e società appena più che primitiva può servire a rappresentare il baratro in cui sta sprofondando l’Italia.

grafico 1Uno sguardo alla figura a lato, ricostruita su dati del Gestore dei Mercati Energetici, è più che sufficiente:se dal 2006 al 2008, epoca pre-crisi, la domanda di elettricità del sistema-paese era ancora in leggera crescita (ma già molto meno che negli anni precedenti), un primo tracollo dei consumi avveniva all’inizio della prima grande crisi, tra la fine del 2008 e quasi tutto il 2009. La “ripresina” durata qualche mese tra la fine del 2009 e parte del 2010 è stata poi una pallida illusione, tanto che lo scivolo partito all’inizio del 2011 continua tutt’oggi, perfino più ripido nell’ultimo anno e mezzo (2012-2013).

Volendo essere più precisi e non per rigirare il coltello nella proverbiale piaga, i consumi elettrici dell’ultimo anno, da novembre 2012 a ottobre 2013, sono stati appena inferiori a quelli dell’anno 1997, cioè 16 anni fa, all’alba dell’epoca dei telefonini e di internet in cui ancora andavano per la maggiore i fax (dati Prof. Malanima). Ancora in altre parole, in cinque anni è stata dissipata la crescita dei precedenti 11 anni, con la maggior parte del crollo registrata negli ultimi 18 mesi.

Nessuna sorpresa, quindi, per chi segue questo semplice ma potente indicatore, ad apprendere del peggioramento delle stime sul PIL nazionale, così come seri dubbi possono sorgere sulle dichiarazioni del ministro dell’Economia in merito a una presunta ripresa attesa nel 2014 (ANSA del 6 novembre scorso).

Il calo, infatti, del 20% dei consumi elettrici in soli cinque anni, nonostante che i prezzi dell’elettricità siano diminuiti anche grazie alla incredibile “solarizzazione” dell’Italia, come abbiamo già illustrato su queste colonne (e sulla dinamica dei prezzi torneremo tra poco), significa che il sistema Italia ha perso soprattutto capacità produttiva; i consumi “di picco”, per intendersi quelli che si verificano dalle nove del mattino alle nove della sera nei giorni di lavoro, sono infatti diminuiti di più sia in termini assoluti sia in percentuale rispetto ai consumi “fuori picco”, vale a dire notturni e festivi, indicando una certa resistenza del consumo familiare, del resto attesa, a fronte di un vero e proprio crollo dei consumi industriali e produttivi.

Su quali basi, dopo averle perse, ci si possa attendere una ripresa delle attività produttive in tempo di dumping globalizzato con relativa invasione di prodotti apparentemente “gratis”, soprattutto quelli ad alto valore tecnologico aggiunto, solo il ministro Saccomanni lo sa.

Torniamo però ai prezzi dell’elettricità, in particolare a quelli formati giorno per giorno sul mercato elettrico, per svelare una piccola sorpresa; piccola mica tanto, poi, dato quanto ci costa.

La sorpresina è evidente nel grafico seguente:
grafico 2

 

 

 

 

 

 

 

i prezzi dell’elettricità nelle ore notturne e festive, quando la domanda è si calata, ma meno che nelle ore diurne lavorative, si sono avvicinati in misura impressionante ai prezzi corrispondenti, mese per mese, delle ore di picco. Se la differenza era di 50 euro fino al 2008 e oggi è di soli 10 euro e spesso anche inferiore (meno di 2 euro in agosto, meno di 6 euro in settembre), anche ammettendo che metà di questa variazione sia stata dovuta a cause “naturali” di mercato come la minore diminuzione della domanda fuori picco, rimane il fatto che una residua differenza di 20 euro per MegaWatt-ora di elettricità consumata manca all’appello.

Questa che può sembrare una curiosità poco più che accademica o riservata agli addetti ai lavori, ha però una conseguenza pratica di non poco conto: moltiplicando 20 euro per i MegaWatt-ora consumati mediamente ogni ora notturna e festiva, diciamo 30 mila negli ultimi due anni, si ottiene un valore di 600 mila euro all’ora che, moltiplicato per 12 ore al giorno e 365 giorni all’anno produce la bella cifra – certamente sottostimata – di oltre 2 miliardi e mezzo all’anno. Questa somma ingente è stata sborsata dal sistema Italia, e in maggioranza dalle famiglie e dalle industrie a ciclo continuo, ai grandi produttori termoelettrici, oltre ogni logica di mercato. C’è di più: con un po’ di calcoli si scopre che tanto più aumenta la produzione solare fotovoltaica ed eolica di giorno, tanto più il prezzo notturno dell’elettricità si avvicina a quello diurno, e questo elemento più di tanti altri dovrebbe far riflettere sullo stato della concorrenza nel mercato elettrico.

Evidentemente, la liberalizzazione del mercato elettrico – come del resto è stato ottimamente spiegato su queste stesse colonne per la liberalizzazione del mercato del gasnon ha prodotto quello di cui l’Italia avrebbe avuto bisogno come misure anticicliche per far fronte alla crisi economica: rilancio dei consumi delle famiglie e della produzione manifatturiera, ambedue penalizzate dalla mancata diminuzione dei prezzi dell’elettricità, almeno nella misura che sarebbe stata dovuta in base alla logica, rivelatasi alquanto astratta in base ai reali risultati ottenuti, di un mercato perfettamente concorrenziale.

Francesco Meneguzzo

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1 commento

Altro che Pil: diario elettrico di un baratro | IL PRIMATO NAZIONALE 18 Maggio 2014 - 4:04

[…] quello del consumo di elettricità, il motore di ogni economia avanzata. Ne parlammo già nel novembre scorso su queste colonne ma l’insistenza un po’ irritante dell’uomo solo al comando (si fa per dire) sui segnali di […]

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