Roma, 12 feb – La protesta dei trattori è stata appoggiata praticamente da tutta l’Italia. Tra la gente comune, non si sono sollevate critiche. Anzi, spesso mani strette, collaborazioni, sostegni culturalii (per quanto riguarda una piccola parte di noi giornalisti, chiaramente), in generale grande solidarietà. Pesa, senza dubbio, l’aspetto strategico del settore. E il fatto che in una maniera o nell’altra il cibo (prodotto endemico del lavoro degli agricoltori) sia qualcosa che ci riguarda tutti. Ma al di là di quello, la legittimazione della protesta, dopo settimane, è elevatissima. Ora potrebbe venire fuori l’argomento per tentare di affossarla: il solito, quello degli infiltrati violenti. Che già sta raggiungendo un pessimo risultato: dividere in movimenti in marcia per la manifestazione di giovedì al Circo Massimo.
La protesta dei trattori, ora si temono i soliti “infiltrati”
Cosa avviene quando c’è una protesta, da decenni a questa parte? Dipende. Se la medesima è sostanzialmente coadiuvata dai vertici sociali, economici e politici, nulla. Si guardino le carnevalate della Cgil per trovare un utile esempio. Bandierine, cappellini, antifascismi a caso e poi tutti “a casa”, senza che – ovviamente – sia cambiato assolutamente nulla. Se però la protesta tocca alcuni cardini sistemici, se diventa invasiva, se mette sul piatto questioni troppo discriminanti per poter essere liquidate (come regole di coltivazione, cosiddetti “indirizzi green” e in generale aspetti macroeconomici enormi per i prossimi decenni), allora beh, qualche “scontrino” (non fiscale) può sempre aiutare. Nello specifico, a porvi fine. Lanciando la solita e noiosa mina della “protesta che deve essere pacifica” (concetto sul quale poi ci dovrebbe essere da riflettere: posto che nessuno vuole che la gente si ammazzi per strada, ma se le autorità stanno ammazzando intere schiere di cittadini a suon di leggi criminali, questi ultimi cosa dovrebbero fare? Esiste la legittima difesa di massa, per la sopravvivenz economica?). Gli “scontrini”possono diventare poi “scontroni” e si genera l’effetto domino desiderato. Per chi comanda, s’intenda.
La paura deglli infilitrati e le divisioni
Che non sarebbe stato facile tenere duro si sapeva. Di positivo c’è che non ci si ferma, di negativo che ora c’è la paura. Paura che qualcuno venga a rompere le scatole provocando i disordini su cui la stampa mainstream (per ora piuttosto “inerbe” al fenomeno del “trattorismo”) potrebbe buttarsi a capofitto insieme ai soliti politicanti del pacifismo. Se la questione diventasse anche in minima parte violenta, scatterebbe il solito, triste copione, in cui possiamo aspettarci tranquillamente e fischiettando anche qualche delirio su fascismi inesistenti e la necessità di combatterli con antifascismi altrettanto inesistenti. Stiamo un po’ andando a braccio, solo per ricordare che può succedere di tutto. Salvatore Fais, leader di Riscatto agricolo lo sa bene: “Anche noi siamo disponibili a un dialogo per portare avanti le battaglie degli agricoltori, ma giovedì non saremo in piazza per timori di infiltrazioni violente”, dice. Dal canto suo Danilo Calvani, leader del Cra (Comitato riuniti agricoli) continua a ribadire l’apertura della piazza a tutti. Ma la “densità” potrebbe ridursi, anche se i numeri previsti continuano ad essere da capogiro (si stimano 20mila persone).
Stelio Fergola